Gli ambasciatori dei paesi dell'UE, riunitisi mercoledì a Bruxelles, hanno concordato un accordo per la riforma della politica migratoria europea, nonostante l'opposizione di paesi come Italia, Polonia e Ungheria.
Il regolamento in discussione ha lo scopo di organizzare una risposta europea in caso di un massiccio afflusso di migranti in uno Stato dell’UE, come durante la crisi dei rifugiati del 2015-2016. In particolare, consente di estendere la durata della detenzione dei migranti alle frontiere esterne del blocco.
L'accordo, annunciato dalla presidenza spagnola dell'Ue, dovrà ora essere oggetto di negoziati con il Parlamento europeo. Questo testo, l'ultimo pezzo del “Patto di asilo e migrazione” dell'UE su cui i paesi membri dovevano trovare un accordo, ha incontrato per diversi mesi obiezioni da parte della Germania. A fine settembre è stato trovato un compromesso per ottenere il via libera da Berlino, ma l'Italia ha poi espresso il suo dissenso.
Queste riluttanze si sono concentrate sul ruolo delle ONG che trasportano i migranti in Italia, secondo fonti diplomatiche, con Roma che ha criticato la Germania per aver finanziato diverse ONG umanitarie nel Mediterraneo. La settimana scorsa il capo del governo italiano Giorgia Meloni ha chiesto che queste ONG sbarcassero i migranti nei paesi di cui battono bandiera le loro imbarcazioni.
Alla fine è stato trovato un accordo sulla formulazione di questo punto, consentendo sia all'Italia che alla Germania di aderire al testo. Austria, Slovacchia e Repubblica Ceca si sono astenute, mentre Polonia e Ungheria si sono opposte, secondo una fonte diplomatica.
Il testo prevede, in caso di afflusso “massiccio” ed “eccezionale”, l’istituzione di un regime eccezionale meno protettivo per i richiedenti asilo rispetto alle procedure consuete.
Inoltre estende la possibile durata della detenzione di un migrante alle frontiere esterne dell'UE, fino a 40 settimane, e consente procedure di esame della domanda di asilo più rapide e semplificate per un numero maggiore di esuli (tutti coloro che provengono da paesi il cui tasso di riconoscimento, cioè a dire il tasso di risposta positiva alle richieste di asilo, è inferiore al 75%), per poterli rinviare più facilmente.
L'accordo prevede inoltre l'attivazione rapida di meccanismi di solidarietà nei confronti dello Stato membro che si trova a fronteggiare questo afflusso, in particolare sotto forma di ricollocazione dei richiedenti asilo o di un contributo finanziario.