LUGANO - L’Università della Svizzera italiana (USI) continua a internazionalizzarsi, ma secondo la Lega dei Ticinesi ha ormai superato un limite critico. In un’interrogazione inoltrata oggi al Consiglio di Stato, il gruppo parlamentare leghista denuncia il superamento della quota massima di studenti stranieri prevista dal Contratto di prestazione 2021–2024: un massimo auspicato del 50% di studenti non svizzeri, soglia oggi ampiamente superata con punte del 75% in alcuni corsi.
Il problema, evidenziano i deputati firmatari (Bignasca, Quadri, Ortelli, Balli, Genini, Minotti, Piccaluga e Sanvido), è chele attività universitarie costano circa 220 milioni all’anno di fondi pubblici, in gran parte a carico del Cantone. Una spesa sostenuta dai contribuenti ticinesi, a fronte di una “esportazione” del capitale umano: molti studenti esteri, una volta ottenuto il diploma, lasciano immediatamente il territorio.
La Lega accusa l’ateneo di aver snaturato la propria funzione pubblica, nata per offrire opportunità ai giovani ticinesi e svizzeri. La corsa alla crescita “quantitativa” — si legge nell’interrogazione — mette anche a rischio la qualità della formazione e la sostenibilità dei servizi.
Il gruppo chiede dunque al Governo se intenda imporre limiti vincolanti: 50% di stranieri nei Bachelor, 60% nei Master, come soglie massime. Inoltre, i deputati chiedono quale sia il costo medio per studente a carico del Cantone e quanta parte di esso vada a beneficio di studenti non domiciliati. “Il principio di equità è compromesso – concludono – se i ticinesi pagano per la formazione di giovani che non restano sul territorio.”
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