SVIZZERA - Dopo oltre tre anni dall’introduzione dello status di protezione S per i cittadini ucraini, la Svizzera si ritrova a dover affrontare le conseguenze di un’accoglienza generosa ma poco lungimirante. A denunciare pubblicamente la situazione è Franca Burkhardt, sindaco SVP di Wigoltingen, nel canton Turgovia. “Il carico che grava sui Comuni è enorme”, scrive, sottolineando come le autorità locali si trovino spesso ad affrontare atteggiamenti problematici da parte dei rifugiati: mancanza di rispetto, scarsa collaborazione e nessuna voglia di lavorare o integrarsi.
Attualmente, circa 70.000 ucraini beneficiano di questo status, con costi a carico della Confederazione stimati in 1,25 miliardi di franchi. Se inizialmente la Svizzera ha giustamente aperto le porte a chi fuggiva dalla guerra, oggi la situazione appare ben diversa: “Molti mostrano un atteggiamento da consumatori, pretendono, più che ringraziare”.
Particolarmente preoccupante è anche la discriminazione tra rifugiati. “Non vivo con gli afghani” sarebbe una frase ricorrente, che testimonia un atteggiamento altezzoso verso altri gruppi etnici. Un paradosso, se si considera – osserva Burkhardt – che proprio i rifugiati afghani spesso dimostrano grande impegno nell’integrarsi, imparare il tedesco e cercare un impiego.
Il nodo finale, però, è politico: se dopo cinque anni lo status S si trasformerà in un permesso di soggiorno stabile, con accesso all’assistenza sociale, il rischio è di ritrovarsi domani con decine di migliaia di assistiti permanenti. “Chi resta deve dimostrare rispetto e voglia di costruire, non comportarsi come un ospite d’albergo”, conclude la sindaca.
Fonte: SVP Schweiz