LUGANO - Un’ondata di gravi accuse scuote il reparto di ortopedia dell’Ospedale regionale di Lugano. A farle emergere sono ex dipendenti dell’Ente ospedaliero cantonale (EOC), che raccontano di un ambiente lavorativo definito “tossico”, segnato da “pressioni psicologiche”, “nonnismo” e “decisioni cliniche imposte, anche a danno dei pazienti”. Il tutto sarebbe riconducibile al comportamento di un primario, descritto come autoritario e insensibile al confronto medico.
Alcune testimonianze raccolte da Tio/20Minuti riferiscono che “le donne vengono penalizzate e umiliate”, che si pratica un “maschilismo sistemico” e che i medici vengono costretti a inserire il nome del superiore nei rapporti operatori anche quando questi non ha partecipato all’intervento, pratica che avrebbe implicazioni anche sul piano retributivo. In alcuni casi, le scelte chirurgiche sbagliate avrebbero persino causato danni permanenti ai pazienti.
La cultura della paura sembra regnare nel reparto: “Minacce di licenziamento all’ordine del giorno”, racconta una medica, “e chi prova a segnalare qualcosa teme ritorsioni”. Anche il servizio di whistleblowing, attivato solo di recente, non garantirebbe anonimato sufficiente.
Interpellato, l’Ente ospedaliero ha confermato l’apertura di un’indagine interna, avviata a inizio maggio, in seguito a una segnalazione informale. A occuparsi dell’inchiesta è l’avvocato Raffaella Martinelli Peter, esperta in diritto del lavoro già coinvolta nei casi Unitas e RSI. “Gli accertamenti sono in corso”, fa sapere l’EOC, “per garantire la verità dei fatti, il rispetto dei diritti e dei valori dell’istituzione”.
Fonte: Tio/20Minuti