L'aver partecipato a diversi furti come conducente di una banda di rapinatori non gli avrebbe fruttato granchè: 200 franchi e una giacca del valore di 490 franchi frutto di un furto. D'altra parte, i reati commessi gli sono costati cari: 40 giorni di detenzione preventiva, una pena detentiva di tre mesi con la condizionale e cinque anni di espulsione dal territorio svizzero. È quest'ultima sanzione che un cittadino serbo ha contestatoal Tribunale federale (TF).
L'uomo, residente a Zurigo, era giunto in Svizzera nel 2005 e viene descritto dal portale “20 minutes” come “ben integrato”, anche se non ha legami familiari o sociali particolarmente forti in Svizzera. Parla correntemente svizzero-tedesco ed è da tempo impiegato “con piena soddisfazione al suo capo”.
Se il Tribunale federale ha riconosciuto che l'espulsione del ricorrente lo porrebbe in “una grave situazione personale" i giudici hanno ritenuto prevalente l'interesse pubblico nell'allontamento dell'uomo. Il ricorrente era stato condannato per aver fatto da autista all'uomo con cui si sentiva in debito e a un altro ladro. Li ha portati più volte nei cantoni Ticino, Basilea Città, Grigioni e Vallese fino al loro arresto in Vallese nel gennaio 2019. Il bottino accumulato dalla banda è stimato in 60'000 franchi.
Il Tribunale federale ha sottolineato che il serbo "non ha scelto di sua iniziativa di porre fine alla sua complicità", ma che è stato l'arresto da parte della polizia vallesana a costringerlo a farlo. I giudici hanno anche notato che all'epoca l'uomo guadagnava più di 4'900 franchi lordi al mese e che quindi non si trovava in una situazione precaria. Ma soprattutto non hanno gradito il fatto che l'appellante abbia usato la sua pena detentiva relativamente leggera per descrivere i suoi atti come “non molto gravi”. Il Tribunale federale ha quindi concluso che "non si è reso conto della gravità delle sue azioni" e che "l'interesse pubblico all'espulsione supera l'interesse privato dell'interessato" e ha quindi respinto il ricorso.