Ticino, 20 febbraio 2019

Deflussi minimi, sì del Parlamento: "Decisione storica"

Il Dipartimento del territorio (DT) accoglie con soddisfazione la decisione odierna del Gran Consiglio di approvare il messaggio governativo che prevede il risanamento dei corsi d’acqua ticinesi tramite un incremento dei deflussi minimi. Si tratta di una decisione storica a conclusione di un iter procedurale avviato più di vent’anni fa. Gli obiettivi del provvedimento del DT sono quelli di aumentare la quantità delle acque e migliorare la funzionalità ecologica dei principali fiumi del Cantone, tutelando e valorizzando ambienti rari e ricchi di specie, accrescendo la disponibilità di habitat idonei e rifugi per la fauna ittica. In parallelo ne beneficeranno il paesaggio ticinese e le aree di svago a ridosso delle acque ticinesi. Il DT tiene a ripercorrere le tappe più significative di questo progetto.

Nel nostro Cantone il tema dei deflussi minimi da garantire ai corsi d’acqua soggetti a prelievo è stato oggetto di intense discussioni già in passato, in sostanza a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la realizzazione dei grandi impianti idroelettrici in Vallemaggia e in Valle di Blenio, rispettivamente con la constatazione degli effetti che questi impianti hanno avuto sul regime idrologico della Maggia e del Brenno. Il Gran Consiglio ha avuto modo di pronunciarsi al riguardo in diverse occasioni, in particolare in seguito all’iniziativa lanciata nel 1975 dalla Federazione ticinese di acquicoltura e pesca (FTAP) volta ad inserire una nuova norma sui deflussi minimi nella legge sull’utilizzazione delle acque (LUA). In quell’occasione il Parlamento, su proposta del Consiglio di Stato, aderì con voto unanime al progetto popolare, modificando le concessioni allora in vigore e imponendo - tramite l’art 8bis della LUA e i Decreti legislativi approvati nel 1982 - il rilascio di prime dotazioni all’altezza di diverse captazioni a scopo idroelettrico, in particolare nei principali bacini imbriferi del Sopraceneri (Ticino, Maggia e Brenno).

Di fatto il Cantone Ticino ha dunque recepito il tema del risanamento dei corsi d’acqua soggetti a prelievo con ampio anticipo rispetto all’introduzione della norma di riferimento sul piano federale (avvenuta ad inizio 1991 con l’entrata in vigore della Legge federale sulla protezione delle acque (LPAc). Nel merito, tuttavia, i principi e gli obiettivi introdotti dalla LPAc hanno indicato che i deflussi chiesti e ottenuti nel 1982 avevano sì contribuito a migliorare la situazione dei corsi d’acqua interessati, ma non in modo sufficiente. Proprio
per determinare in modo definitivo le esigenze complessive di risanamento, verso la fine degli anni ‘90 sono stati avviati una serie di studi che hanno valutato compiutamente la situazione sul territorio, così come gli interessi a favore e contro i prelievi d’acqua esistenti. Anche in funzione della complessità della materia, tuttavia, i lavori si sono rivelati molto più impegnativi di quanto il legislatore federale avesse in un primo tempo prospettato, in particolare per i Cantoni alpini. Dopo quasi 20 anni di lavoro, durante il 2017 è stato presentato il Rapporto sul risanamento formalmente alle cerchie interessate che hanno potuto esprimersi al riguardo. Al termine di questa procedura, nel corso del 2018, il Consiglio di Stato ha presentato il messaggio governativo con la relativa proposta di aumento dei deflussi. I nuovi deflussi minimi previsti con le decisioni di risanamento, interessano le tratte del fiume Ticino a valle di Rodi e Lavorgo, il Brenno da Olivone verso valle, la Bavona a valle di San Carlo, la tratta della Maggia tra Bignasco e Avegno, e la Melezza a valle di Palagnedra.

Una scelta ritenuta sostenibile sia a livello di produzione - tenuto conto che la perdita che ne deriva è limitata a circa il 4% – sia per le singole aziende interessate che saranno totalmente indennizzate nella misura del 65% dalla Confederazione e del 35% dal Cantone per la perdita di produzione e per gli adattamenti che si renderanno necessari. In gioco - va sottolineato - vi sono gli interessi di due politiche pubbliche; quella della promozione dell’energia verde, rinnovabile, locale, e quella della tutela dell’ecosistema cantonale, dove l’acqua è una risorsa indispensabile per la flora e la fauna indigena.

Nel Piano energetico cantonale (PEC) sono indicati nel dettaglio gli obiettivi futuri della Strategia energetica della Confederazione, dove si sottolinea che da un lato per il 2035 è previsto un aumento della produzione media pluriennale, dall’altro per il 2050 si prospetta invece una diminuzione della produzione idroelettrica maggiore a quella prevista oggi con gli adeguamenti dei deflussi minimi. Elementi, questi, che confermano la bontà della decisione intrapresa dal Cantone.

Il DT si rallegra dunque che il Parlamento abbia compreso l’importanza di questo provvedimento che, oltre a dar seguito a un esplicito obbligo di Legge, è un vero e proprio atto di riconciliazione con l’ecosistema. Un equo compromesso tra produzione di energia idroelettrica e tutela della natura e del paesaggio.

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