TICINO - I dati SECO sul primo trimestre 2025 confermano che l’economia ticinese è in crescita: l’occupazione aumenta del 3,1% rispetto all’anno precedente e la disoccupazione si ferma al 6,6%, uno dei dati migliori degli ultimi anni. Ma, come sottolinea il Consigliere di Stato Norman Gobbi, “dietro a questa vitalità economica si nasconde un paradosso tutto ticinese: la nostra crescita convive con una costante pressione salariale dovuta al frontalierato.”
Gobbi evidenzia come il calo dell’1,4% dei frontalieri rispetto allo scorso anno – dopo decenni di aumento costante – rappresenti un primo segnale positivo, “frutto anche del nuovo regime fiscale che ha ridotto l’attrattiva del lavoro oltreconfine.”
Tuttavia, con oltre 78’000 frontalieri ancora presenti, questi continuano a costituire circa un terzo della forza lavoro cantonale: una realtà senza eguali in Svizzera.
“Il nostro mercato del lavoro non è come quello di Zurigo o Berna. Il Ticino è un Cantone di frontiera e subisce una concorrenza diretta da parte del mercato italiano, dove i salari sono sensibilmente più bassi. Questo squilibrio crea un bacino di manodopera disponibile ad accettare condizioni che, pur essendo migliori di quelle italiane, sono inferiori agli standard svizzeri. È qui che nasce il dumping salariale”, avverte Gobbi.
L’analisi dei salari medi del 2022 parla chiaro: mentre gli svizzeri percepiscono in media 6’462 franchi al mese, gli stranieri si fermano a 5’000 franchi. La differenza non è solo numerica, ma strutturale: i frontalieri sono spesso impiegati in settori meno remunerativi, con contratti più deboli e formazione inferiore. “Ma il problema – precisa Gobbi – è che questo meccanismo tira verso il basso anche i salari dei residenti, alimentando malcontento e sfiducia. Il rischio di dumping è riconosciuto anche dalla SECO e tocca il cuore del modello economico cantonale. Da un lato, le imprese beneficiano di manodopera a basso costo e flessibile. Dall’altro, la pressione sui salari è reale e colpisce soprattutto i lavoratori locali. Questa dinamica va regolata, perché mina la coesione sociale e svaluta il lavoro residente.”
Con i negoziati in corso tra Svizzera e Unione Europea per l’adeguamento dell’accordo sulla libera circolazione, Gobbi chiede attenzione alle specificità ticinesi. “Il Ticino non può essere trattato come un Cantone qualsiasi. Siamo il laboratorio di frontiera della Svizzera. Le misure per tutelare i salari elvetici devono partire da qui. La sfida, secondo Gobbi, è chiara: “Trasformare la nostra posizione geografica – oggi fonte di vulnerabilità – in un punto di forza. Il frontalierato non può più essere visto solo come una risorsa. Deve essere gestito con regole chiare, trasparenza fiscale e controlli rigorosi. Solo così potremo garantire che la crescita economica si traduca in un benessere diffuso e non in una corsa al ribasso.”
Fonte MDD 6.7.2025