SVIZZERA - L’ente pubblico, Confederella compresa, deve risparmiare. Però l’amministrazione federale continua a gonfiarsi come una rana. E gli stipendi e i “benefit” di chi lavora nell’ente pubblico diventano sempre più elevati rispetto a quelli di chi - a parità di qualifiche - è attivo nel privato (ovviamente il riferimento non è ai grandi manager). La casta dei funzionari si distanzia sempre più dagli altri cittadini. In sostanza, si crea una società a due velocità. Il che ha effetti deleteri anche sul rapporto di fiducia tra cittadino e Stato. Rapporto di fiducia che è però uno dei fondamenti del sistema svizzero. Ma anche in questo ambito (come in tanti altri), grazie alle frontiere spalancate (volute dalla partitocrazia) e all’inforestieramento, si importano modelli fallimentari dall’UE.
17’600 franchi in più
Le cifre sono state rese note nei giorni scorsi. A rilevarle è uno studio dell’Istituto di economia politica dell’Università di Lucerna (IWP). Ne è emerso che, a parità di profilo, i dipendenti federali guadagnano in media 10 mila franchi all’anno in più rispetto a quelli del settore privato. Nel caso del tempo parziale, la differenza si fa ancora più clamorosa: per chi è impiegato all’80%, il “delta” è di 17’600 franchi. Non proprio noccioline. La Confederella si è affrettata a smentire, assieme ai $inistrati (partito degli statali), asserendo che dallo studio che lei stessa ha commissionato alla PwC risulta altro. Ma la NZZ del 23 aprile svela l’inghippo: lo studio PwC effettua il paragone con le grandi società quotate in borsa e non con le PMI, malgrado queste ultime rappresentino il 99% delle aziende svizzere ed il 66% dei posti di lavoro. È quindi palese che Berna ha voluto uno studio taroccato. Un (ennesimo) imbarazzante tentativo di nascondere realtà scomode.
6,5 miliardi all’anno
L’amministrazione federale conta 44 mila impiegati in continua crescita. Il salario medio è di 130 mila franchi all’anno; dal 2020 le paghe sono salite del 5%. Dal 2013 a oggi, il personale della Confederazione è aumentato di 6 mila unità. Oggi costa circa 6,5 miliardi di franchi all’anno. Se si pensa che il Ticino per i funzionari cantonali spende 1,2 miliardi (!), ben si comprende come, alle nostre latitudini, la situazione sia fuori controllo. Urge quindi sostenere, quando si tratterà di votare, l’iniziativa popolare “Stop all’aumento dei dipendenti cantonali” (il Mattino ha raccolto 7000 firme). Anche nell’amministrazione cantonale ticinese, tra l’altro, il salario medio è nettamente superiore a quello dell’economia privata, ammontando a 104 mila franchi all’anno.
Esplodono i “comunicatori”
Oltretutto, la spesa per il personale federale continua ad aumentare per compiti certamente non essenziali. Ad esempio, la NZZ rivela che un anno fa il Dipartimento della Difesa (DDPS) impiegava da solo 95 (!) posti a tempo pieno per la “comunicazione”. Nel giro di 12 mesi, gli impieghi erano già saliti a 105.
Praticamente un grande piano occupazionale per giornalai.
Ringraziamo l’ex capa uregiatta del DDPS, Viola Amherd (detta “Re Mida al contrario”, perché tutto quello che tocca si trasforma in palta), e l’attuale capo, sempre uregiatto, Martin Pfister, che ne è la fotocopia politica (pro UE – pro NATO). 105 posti a tempo pieno (a stipendio medio di 130 mila franchi l’anno, vedi sopra, fanno 13 milioni e 650 mila franchi) per lustrare l’immagine di Pfister sono un po’ tanti.
Valutazioni farlocche
A peggiorare ulteriormente le cose ci pensano le valutazioni farlocche. Infatti, sempre secondo la NZZ, il 97% dei funzionari federali ottiene una valutazione superiore o uguale al “buono”, e quindi avrà diritto ad una progressione salariale l’anno successivo. Una simile percentuale è del tutto irrealistica. Le Peppe Tencie abbondano anche nel settore pubblico. Ma evidentemente chi è tenuto a svolgere la
valutazione dei propri subalterni elargisce giudizi “generosi” per evitare sgradevoli discussioni. Il risultato è che gli allontanamenti delle Peppe Tencie diventano vieppiù proibitivi. Difficile infatti sostenere che “il rapporto di fiducia è venuto meno” quando tutte le valutazioni sono positive. Intanto l’organico dilaga, perché “bisogna” assumere altri funzionari affinché svolgano il lavoro dei pesi morti. E Pantalone paga.
Sempre più sconsulenti esterni
Ma a Berna non esplode soltanto la spesa del personale. Contemporaneamente si impenna anche quella per i consulenti esterni. Come scriveva il Mattino il 13 aprile, nel 2024 il governicchio federale ha speso 673 milioni di franchi per consulenze. Il DDPS – quello dei 105 addetti alla comunicazione – ha speso da solo 200 milioni. Ohibò, invece di usare i soldi pubblici per la sicurezza del Paese, i ministri uregiatti li sperperano in comunicatori e sconsulenti! Per non farsi mancare niente, spesso e volentieri a ricevere mandati sono ex funzionari federali dirigenti.
La Lega, tramite chi scrive, ha presentato lo scorso dicembre una mozione che chiede al governicchio federale di “ porsi un tetto di spesa massimo di 100 milioni di franchi all’anno per i mandati di consulenza esterni”.
Tempo parziale: sfatare il mito
Da notare che la Confederella, come indicano le cifre citate sopra, avvantaggia in particolare il lavoro a tempo parziale, quando invece è ora di tornare a promuovere l’impiego a tempo pieno: nel settore pubblico come in quello privato. Sia per aumentare il gettito fiscale che per migliorare la previdenza per la vecchiaia, come pure per contrastare la “carenza di manodopera” in determinati ambiti (specie nella sanità).
Bruno S. Frey, uno dei più noti economisti della Svizzera (una statistica del 2015 lo indica come il 14° economista più citato in Europa), osserva che “chi lavora a tempo parziale non sta meglio di salute, perché ha troppo tempo per rimuginare”. Aggiungiamo che ha anche troppo tempo per andare in giro, e quindi per generare traffico veicolare. Però i $inistrati odiatori delle automobili, così come pure i media di regime, pistonano il lavoro a percentuale ridotta, sciacquandosi la bocca con il politikamente korrettissimo “work life balance”.
Lo Stato, usando i soldi degli altri, nelle assunzioni fa concorrenza sleale all’economia privata. Con conseguenze deleterie. La Svizzera è uno dei pochi Paesi al mondo in cui il pubblico impiego è in cima alla lista dei desiderata degli studenti universitari. Ad esempio, da un recente sondaggio svolto a livello nazionale tra i laureandi in diritto, è emerso che la loro prima aspirazione non è lavorare in uno studio legale rinomato, come ci si sarebbe potuti attendere, bensì posare le ciapett in un ufficio federale.
Burocrazia e Stato balia
L’amministrazione pubblica si gonfia come una rana ma, rileva ancora Frey, produce solo burocrazia. Così danneggia ulteriormente l’economia privata. Non solo portandole via i lavoratori qualificati grazie a migliori condizioni finanziate con i soldi del contribuente, ma imponendole sempre più regole - e quindi sempre più costi.
La burocrazia federale pullula di laureati. Si tratta soprattutto di legulei, nonché di diplomati in materie “soft”: letteratura, sociologia, scienze della comunicazione o discipline legate all’ambiente. Queste persone, commenta Frey, “ escono da formazioni universitarie che promuovono lo Stato balia”.
Uno Stato che pretende di regolare tutto, pervasivo, deresponsabilizzante. E liberticida. I cittadini si adagiano, i politicanti idem. Compresi gli esponenti del sedicente centro PLR-PPD, sempre più franato a $inistra. Quelli che predicano “meno burocrazia”, poi però per ogni cip pretendono interventi statali (populismo di bassa tacca per farsi belli sui social e sui media di regime). Il giornalista tedesco Morten Friedel parla, non certo a torto, di “ritorno strisciante del comunismo”.
LORENZO QUADRI