Lara Filippini - Deputata in Gran Consiglio (UDC)
Queste piante, presenti in Europa da molti anni e diventate simboli del paesaggio ticinese, sono ora classificate come neofite invasive. Questo divieto ha suscitato un dibattito acceso tra i sostenitori della biodiversità e coloro che vedono in queste piante un elemento culturale e turistico del Cantone Ticino. Va pur detto che in Svizzera, circa 90 specie di piante sono considerate invasive, e i danni che causano sono significativi, sia dal punto di vista economico che ecologico. Pur comprendendo l’importanza di proteggere il nostro ambiente e territorio, questo nuovo divieto rappresenta l’ennesima restrizione che si aggiunge a molte altre già esistenti. Parecchi cittadini e giardinieri percepiscono già la nuova proibizione come un ulteriore ostacolo burocratico, che comporta costi aggiuntivi per la sostituzione delle piante e la gestione dei giardini. Inoltre, il divieto potrebbe avere ripercussioni economiche negative per i vivai e i commercianti di piante, che dovranno adattarsi alle nuove normative. È quindi fondamentale bilanciare i costi ed i benefici della misura con la tutela dell’ambiente per la comunità, cercando soluzioni che possano mitigare gli impatti negativi senza compromettere la biodiversità tipica del nostro territorio.
Lelia Guscio - Già Deputata in Gran Consiglio (LEGA)
Concordo con il fatto che il bosco abbia un’alta funzione di protezione e che debba continuamente rinnovarsi. Rigenerazione sempre più ardua a causa non solo dei cambiamenti climatici ma anche delle specie invasive. Tuttavia, che si debba vietare la vendita, l’importazione o il regalo delle palme di Fortune e di altre piante, rappresenta il solito divieto inutile da parte della Confederazione. Tutto per accontentare gli ambientalisti, in particolar modo quelli che si siedono sulle autostrade creando forti disagi al traffico turistico che porta un importante indotto economico al Ticino. Sarebbe piuttosto imperativo chinarsi su divieti dei quali il nostro paese ha fortemente e celermente bisogno quali proibizioni riguardanti il settore dell’asilo, anche per garantire una maggior sicurezza ai cittadini elvetici. Che il Consiglio federale si svegli pertanto, e la smetta di fare come le tre scimmiette sagge.
Giancarlo Dillena - Già direttore Corriere del Ticino
A prima vista viene da sorridere: con tutti i problemi seri di cui lo Stato dovrebbe occuparsi, questo delle palme e delle siepi potrebbe suscitare ilarità. Ma c'è poco da ridere: è l'ennesima espressione di una pandemia normativa che deve di per sé preoccupare; ma è anche emblematico della mentalità dei funzionari che del tema si occupano, a suon di divieti; e dei politici che li assecondano. Ma si sa: anche i primi devono mangiare e quindi sfornare regolamentazioni che poi dovranno applicare, verificare, sanzionare, gonfiando i relativi apparati. Per i secondi - o quanto meno molti di loro - l'importante è mostrarsi allineati, nel bene e nel male, con i trend internazionali (vedi direttive UE sulle specie esotiche invasive). Il tutto a spese dei contribuenti, naturalmente. A quando una norma sull'altezza dell'erba nel giardino di casa? O sui centimetri quadrati di ombra che ogni foglia deve garantire? E chi crede sia solo una battuta si informi bene: di questo passo è solo questione di tempo!
Bruno Buzzini - Municipale di Locarno (LEGA)
La recente posizione di Berna fa ulteriore chiarezza sulle problematiche legate alla proliferazione di neofite a carattere invasivo. In particolare pone un nuovo, da più parti auspicato, tassello per un’efficace azione di contrasto alla loro incontrollata diffusione su tutto il territorio nazionale. Questi “conquistatori”, nella maggior parte dei casi, sono vegetali introdotti deliberatamente in parchi e giardini ma che poi, con il passare del tempo, finiscono per inselvatichirsi. Non va infatti dimenticato come il proliferare di specie neofite vada sovente a scapito della vegetazione indigena e non da ultimo sia all’origine di danni economici.
Matteo Cheda - Fondatore scuola di giornalismo di Bellinzona
Se la politica ha impiegato 180 anni ad accorgersi dell'arrivo di una palma, ci si domanda in quale millennio si accorgerà dell'aumento della temperatura che ne favorisce la diffusione.
Non penso che il divieto di importazione servirà molto. Per chi vuole una palma ticinese da piantare nel suo giardino di Oberlunkhofen, basta il self service: una passeggiata nel bosco tra Solduno e Ponte Brolla dove crescono più palme che funghi. Il problema comunque è di facile soluzione. Basta aspettare pochi secoli e la palma ticinese sarà considerata una specie indigena.
Francesco Maggi - Responsabile WWF Svizzera italiana
Per chi come il sottoscritto è al fronte per conservare la natura e la biodiversità del nostro paese è una buona notizia. In molte zone le palme creano problemi di instabilità dei pendii oppure invadono le zone protette, come i boschi golenali tipicamente ricoperti da aglio orsino. La lotta alle neofite invasive è diventata ormai il maggior costo per gli interventi di recupero degli habitat protetti a fronte di una messa a disposizione di mezzi da parte della Confederazione e del Cantone nettamente insufficienti e sempre più precari. Il lauroceraso crea problemi e costi minori, ma il nuovo divieto è pure una buona notizia, visto che questa pianta richiede continui trattamenti con prodotti fitosanitari pericolosi per la salute.
a cura di Lorenzo Quadri