Sport, 24 novembre 2023

Sospetti, accuse e veleni nel calcio della “perfidia”

1961: la Juventus umilia l’Inter (9-1) che schiera i ragazzini per protesta contro la FIGC

LUGANO - Nel corso del suo lungo e pure glorioso cammino il calcio italiano è stato attraversato da storie e storiacce che ne hanno minato la credibilità. Lo attestano, a mò di esempio, le non lontane vicende di Calciopoli oppure gli scandali che hanno coinvolto calciatori e dirigenti negli anni ruggenti. E quando parliamo di anni ruggenti ci riferiamo al periodo post-bellico (Seconda guerra mondiale), quando in barba alle più elementari leggi sportive, le società facevano il bello e il brutto tempo per garantirsi titoli e vil denari. Non a caso – ma anche per quella maniera tutta italiana di vincere le partite: tutti dietro la linea della palla e via in contropiede – il calcio della Vicina penisola fu definito della “perfidia” da esimi giornalisti e scrittori di tutto il mondo. Succedeva, anche, che il presidente di un club fosse anche il numero uno della massima federazione, una doppia carica da repubblica delle banane, tanto per essere chiari. Ma quando sul finire degli Anni Cinquanta Umberto Agnelli diventò il numero 1 juventino e anche della Federazione nessuno gridò allo scandalo. Era una pratica tollerata. È proprio in quel contesto che si sviluppa la storia che oggi vi raccontiamo e che originò una goleada storica; roboante e clamorosa, perché coinvolse le due società regine di quei tempi: la Juventus, appunto, e l’Inter del presidente Angelo Moratti. Era chiamato il derby l’Italia, definizione che risale agli Anni Trenta (in pieno periodo fascista) e nel giugno del 1961 diventò il derby della vergogna.


Comunale stracolmo
Stagione 1960/1961: Angelo Moratti, magnate del petrolio, affida la sua squadra ad Helenio Herrera, folcloristico e testardo tecnico ispano-argentino. Grazie agli accorgimenti e alle tattiche del suo nuovo conducator, l’Inter inizialmente domina, vincendo contro chiunque. Anche contro la Juventus a San Siro (3-1). A Natale Picchi e soci sono avanti di 4 punti rispetto ai bianconeri e tutto lascia supporre che conquisteranno lo scudetto. Ma l’inverno e le sue insidie provocano un rallentamento e fra marzo ed aprile la banda Herrera incassa quattro sconfitte consecutive. La classifica è ribaltata, ora è la Juventus avanti di quattro punti. E il 16 aprile 1961
si gioca a Torino la sfida decisiva del campionato: una vittoria dei padroni di casa chiuderebbe ogni discorso. Il Comunale è pieno a all’inverosimile, le tribune non sono sufficienti ad accogliere gli spettatori, molti dei quali finiscono per occupare la pista di atletica. La testimonianza di Aristide Guarneri, giocatore nerazzurro, è significativa: “La gente era a pochi metri dal campo, anche se un vero pericolo esisteva”. Ma l’arbitro genovese Gambarotta al 31' decide di interrompere la gara: il regolamento dice che in casi simili la vittoria va attribuita alla squadra ospite. E così, grazie anche ad alcuni precedenti, 7 giorni dopo la FIGC assegna il 2-0 all’Inter, che torna a sperare nello scudetto. Mal gliene incolse: il 3 giugno, alla vigilia dell’ultima giornata di Serie A, la Commissione arbitrale accoglie il reclamo della Juve e decide che la partita debba essere rigiocata. Sospetti e accuse a questo punto, quasi inevitabilmente, si scaricano sulla corte federale d’appello: del resto la doppia carica di Umberto Agnelli, presidente della Juve e della Federcalcio, induce a cattivi pensieri.


La protesta e la farsa
Il presidente nerazzurro Moratti è furente e dopo aver parlato con Helenio Herrera decide che nella ripetizione della sfida-scudetto, programmata per il 10 giugno, l’Inter per protesta manderà in campo la squadra Primavera (o De Martino). Età limite dei giocatori 19 anni. Fra loro c’è anche Sandro Mazzola che della ripetizione del match viene a conoscenza il martedì precedente.


“Ce la comunicò Meazza, il nostro allenatore”. Ovvio che il verdetto non poteva che essere uno: i bianconeri, trascinati dallo scatenato Omar Sivori (sei gol) umiliarono i nerazzurri infliggendo loro una goleada storica, da Guiness dei primati. Quella infausta giornata segnò comunque il debutto di un futuro campione del mondo (con l’Inter) e campione europeo con la nazionale: Sandro Mazzola, che firmò pure un gol (su rigore). Sandrino, come veniva chiamato, era nientemeno che il figlio di Valentino, attaccante del Grande Torino. La storia ci dirà che...buon sangue non mente.

JACK PRAN

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