Sport, 02 maggio 2023
Ginevra, tutto cominciò con un certo McSorley
Le Aquile hanno vinto il titolo, l'ex head coach del Lugano fu l'uomo che le portò in LNA e diede loro una fisionomia e un'impronta precisa di gioco
GINEVRA - Giovedì sera, quando la sirena finale ha decretato la vittoria del Ginevra sul Bienne in gara 7, Chris McSorley, che immaginiamo presente sugli spalti discreto e senza tradire troppo emozioni, dentro di sé avrà senz’altro gioito: quella che per anni è stata la sua squadra, ha finalmente vinto il suo primo titolo svizzero. Lui, da head coach, ci era andato vicino due volte (2008 e 2010) ma in entrambe le occasioni aveva dovuto accettare la legge del più forte. Nel caso specificio dello Zurigo di Harold Kreis e del Berna di Larry Huras.
Due brutte scoppole da digerire per un direttore sportivo-allenatore che sul finire del secolo scorso decise che Ginevra avrebbe dovuto, un giorno, diventare una delle piazze più invidiate della Confederazione. Detto fatto, con grande coraggio e forza di volontà, cominciò a tappezzare di manifesti delle partite i bar e i ritrovi della città romanda e con i soldi che uno sponsor gli diede, allestì la prima rosa tutta sua. Un compito, quello del canadese, molto difficile, soprattutto quando ci si trova a lavorare in una città molto snob come quella ginevrina e ci si deve confrontare con il calcio, che storicamente è sempre stato lo sport per eccellenza della città.
E quando si parla di calcio, si pensa al Servette, una delle società più prestigiose e vincenti in campo svizzero. McSorley, incurante delle difficoltà e di chi gli rideva in faccia, alla fine è riuscito a traghettare il Ginevra nell’hockey che conta. Stagione 2001/2002: dopo un ventennio trascorso nel limbo della lega cadetta e nell’inferno sportivo della Prima Lega, i granata sono promossi in LNA. E subito, grazie alle conoscenze del coach-direttore sportivo, hanno potuto
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annoverare giocatori di ottimo livello fra le proprie fila, citiamo Reto Pavoni, Philippe Bozon, Gianmarco Crameri, Igor Fedulov, Oleg Petrov, Thomas Deruns, lo stesso Jan Cadieux e molti altri ancora. Una squadra che nella seconda stagione arriva addirittura in semifinale, dove viene però eliminata dal Berna futuro campione svizzero.
Nel 2005, ingolosito da una situazione davvero interessante, McSorley diventa anche padrone del club. Sono gli anni del Mcsorlismo, un hockey duro, cattivo ma anche efficace, sparagnino, in cui l’aspetto fisico diventa un mantra. E su tutte le piste il tecnico canadese ha modo di farsi fischiare e odiare dai tifosi avversari: i suoi atteggiamenti indispettiscono anche i giocatori e i tecnici rivali. Alla lunga però sono paganti. Due finali non si raggiungono per caso (2008 e 2010), anche se poi i risultati non sono esattamente quelli sperati.
Il Ginevra é sempre più McSorley dipendente: con lui arrivano due Coppe Spengler (2013 e 2014) ma anche qualche stagione così così. Con il tempo il rapporto con i giocatori e la piazza si logora. Intanto il club ha nuovi finanziatori e McSorley comincia a dare segni di intolleranza. Inevitabile la sua uscita. E quando meno te lo aspetti, ecco che arriva la proposta del Lugano:“Con lui avremo grinta e disciplina”, dicono i dirigenti bianconeri. Ma il tecnico che ha dato la sua impronta (indelebile) al Ginevra ed ha fatto arrabbiare mezza Svizzera, l’uomo che 20 anni fa, da zero, costruì una società ed una squadra, non era più lui. Quella squadra però giovedì sera ha vinto finalmente il suo primo titolo nazionale.