“Dalle ruspe alle schedature. Lo stato di polizia in Ticino non è una deriva, ma la tendenza”. I molinari tornano a farsi sentire e con un lungo comunicato annunciano di scendere nuovamente in strada domani, venerdì 3 settembre, per un ‘presidio rumoroso contro la repressione’ con pentole, fischietti, e “altro materiale per fare rumore”.
“Prima che le inchieste della procura sulle responsabilità politiche e operative dello sgombero del Molino lasciassero il posto ai silenzi di tomba del municipio e alla funzionale e ipocrita costernazione espressa da più parti per la scomparsa del “sindaco di tutti”, c'era ancora un minimo dibattito sull'effettivo potere assunto dalla polizia di Gobbi in questo Cantone”, recita il comunicato del CSOA Il Molino.
E ancora: “Dal nostro punto di vista, responsabilità e vertici della catena di comando sono sempre apparsi evidenti. Un'operazione di sgombero di quel tipo – una chiara punizione e vendetta di Stato per ripristinare “decoro, ordine, disciplina e legalità” - con forze congiunte di altri cantoni, poteva solo provenire da chi le ruspe le aveva evocate a più riprese nei propri discorsi e nei propri referenti ideologici. Così come è apparso sintomatico del clima politico in cui viviamo il silenzio assordante sull’innominabile e innominato capo del dipartimento delle istituzioni, rispetto al volume di inchiostro versato sui fatti del 29 maggio. Dal sindaco ai municipali, passando per gli alti vertici di polizia cantonale e comunale, fino alle ditte edili coinvolte nella demolizione, lo scarica barile, come i ripetuti silenzi, sono stati grotteschi quanto efficaci, nell'insabbiare e nel depistare la responsabilità del consigliere di stato leghista”.
“Proprio in queste settimane, la polizia cantonale, dapprima in assoluta autonomia e in un secondo momento su mandato dei procuratori pubblici Roberto Ruggeri e Moreno Capella - e comunque sempre sotto l'inequivocabile comando di Norman Gobbi - sta convocando, in qualità di imputate, numerose persone (più di una trentina, tra le quali anche alcune minorenni). Le modalità stesse di queste indagini rivelano la natura dello stato poliziesco che il feldmaresciallo continua a imporre a questo territorio. Tralasciando, per questa volta, la repressione sistematica e razzista verso le persone migranti o ritenute “straniere”, si va dal sequestro e all’incarceramento di due nostri compagni la sera della passeggiata collettiva sotto l’abitazione del sindaco. Un arresto effettuato nel cuore della notte, in mezzo alla strada, con manette, test del dna, presa di impronte digitali e senza possibilità di chiamare l'avvocato, il posto di lavoro o un famigliare. Un arresto durante il quale le pressioni psicologiche – tra cui le visite con psichiatri e funzionari delle strutture carcerarie – sono state assai presenti. Un ordine partito dal capo della gendarmeria ticinese Marco Zambetti (lo stesso responsabile delle operazioni di sgombero dell’ex