Il 14 giugno 2018 una donna di 29 anni è morta all'ospedale universitario di Basilea dopo aver tentato di impiccarsi nella prigione in cui era detenuta. Il carceriere che doveva sorvegliarla e i tre che sono intervenuti sono stati accusati di omicidio colposo e, dopo tre giorni di processo, assolti da qualsiasi accusa. Da notare che la donna, dopo essere stata ricoverata, ha trascorso due giorni in ospedale prima di morire.
Secondo quanto si legge nell'atto di accusa, riportato dai media svizzerotedeschi, ci sono voluti quattro minuti perché il centro di comando, dove vengono trasmessi i filmati delle telecamere a circuito chiuso delle celle, si rendesse conto che la donna si stava impiccando e allertasse il personale di sorveglianza. Due supervisori sono poi intervenuti e hanno liberato la malcapitata. Un'altra guardia è poi arrivata e ha spogliato completamente la donna, una richiedente l'asilo dello Sri Lanka in attesa di rinvio verso Malta, paese di primo arrivo che doveva trattare la sua domanda.
Dopo essere stata spogliata, la detenuta è stata lasciata a faccia in giù sul pavimento gelido senza che nessuno controllasse i suoi segni vitali. La guardia è quindi uscita e ha chiuso la cella, lasciando la malcapitata in questa posizione scomoda per dieci minuti fino a quando il centro di comando allertasse un'ambulanza. Ci sono voluti almeno diciotto minuti prima che venissero eseguite le prime misure di rianimazione.
Due giorni dopo, la donna morì a causa dei danni cerebrali causati dalla mancanza di ossigeno. Per il Ministero pubblico di Basilea città è chiaro che "con ogni probabilità, la morte avrebbe potuto essere evitata se i protagonisti avessero agito con più coscienza" e per questo motivo i quattro carcerieri (tre uomini e una donna) sono stati denunciati e sono comparsi martedì scorso davanti al tribunale penale di Basilea Città