Sport, 01 giugno 2021

Riva: “Il peggio è passato ma ho avuto tanta paura”

Il valido difensore bianconero torna sul suo infortunio e... rilancia

LUGANO - Elia Riva è senza ombra di dubbio uno dei migliori talenti dell’hockey nazionale. Malgrado abbia solo 23 anni, il difensore bianconero ha già acquisito una bella esperienza in National League, disputando anche una finalissima (nel 2018). A soli tre anni ha calzato per la prima volta i pattini a La Chaux-de-Fonds (luogo dove è nato il 13 gennaio 1998). È il figlio di Luigi Riva detto Luli, che proprio in quel periodo militava nelle fila della squadra neocastellana. Elia, a non dubitarne, si è fatto una gavetta molto dura: tornato im Ticino con la famiglia, è entrato dapprima nelle giovanili dell’Ambrì, con il quale è rimasto fino agli Under 15. Poi lo spostamento (sempre con papà) a Lugano.


Che il ragazzo ci sapesse fare lo hanno intuito tutti e nell’HCL la sua scalata è stata regolare sino al momento in cui in cui nel 2016 Doug Shedden lo ha fatto debuttare contro il Friborgo. Il ragazzo è poi diventato uno dei giocatori più affidabili, entrando anche nel giro della nazionale maggiore dopo aver vestito la maglia delle rappresentative giovanili. Elia Riva ha saputo sopportare anche alcuni infortuni pesanti, il peggiore dei quali lo scorso gennaio a Ginevra, quando è stato schiacciato alla balaustra dal servettiano Damien Riat, che si è poi beccato sette giornate di squalifica.


Per il bianconero una brutta commozione cerebrale che lo ha costretto ad una sosta di ben tre mesi prima di rientrare proprio in occasione dell’ultimo derby di regular season. Elia, che si è lasciato alle spalle quel brutto momento, si è messo a nostra disposizione per una intervista a tutto campo.


Elia, partiamo dagli inizi. Facile pensare che sia stato proprio suo padre Luigi a farla avvicinare al disco su ghiaccio? 
L’ho seguito cercando di capire il suo gioco. Per me è sempre stato un esempio, con il passare del tempo in me è così cresciuta e la voglia di giocare. 


Nel 2011, dopo l’esperienza in Leventina, lei si è poi trasferito a Lugano negli Under 15.
Ho deciso di cambiare perché mio papà è stato ingaggiato dall’HCL per allenare nel settore giovanile. Poi, dopo gli anni trascorsi nel settore giovanile, nel 2016 ho esordito alla Corner Arena contro il Friborgo grazie a Doug Shedden che mi ha buttato nella mischia. Ero molto nervoso perché sapevo che finalmente stavo entrando nell’hockey che conta. Il tecnico canadese mi ha dato fiducia e molti minuti importanti. Lo ringrazierò sempre. 


Una buona “palestra” si è rivelata anche l’avventura con i Ticino Rockets che le ha permesso di acquisire ulteriore esperienza prima di entrare definitivamente a far parte della prima squadra bianconera.
Ho giocato con una certa continuità, perfezionando anche l’aspetto mentale e tecnico, per me è stata una bella esperienza.


La cosa curiosa è che lei inizialmente giocava da attaccante... 
L’attacco è molto interessante ma bisognava pattinare molto, allora ho optato per la difesa(e giù una risata da parte di Elia, ndr). 


Una metamorfosi che ha portato bene visto che è diventato un giocatore molto affidabile.
Mi sono migliorato progressivamente in un ruolo che sicuramente impegnatomolto anche e perché il tasso di concentrazione deve essere elevatissimo.


Offrendo costantemente delle belle prestazioni le si sono spalancate anche le porte dapprima delle nazionali giovanili e poi di quella maggiore, anche se solo per dei raduni. 
Anche in queso in senso la soddisfazione è stata grande perché ho cominciato a vedere il frutto dei miei sacrifici. Ora però non voglio fermarmi ovviamente qui, di strada ce n’è ancora molta da fare. Sono sicuro che se continuerò a lavorare sodo riuscirò a convincere Fischer a convocarmi.


Il Covid e, soprattutto, il grave infortunio rimediato contro il Ginevra, ha ostacolato il suo cammino, costringendola ad uno stop forzato di quasi tre mesi. L’impatto contro la balaustra per il brutale intervento di Riat ha fatto temere il peggio. 
È stato un contrasto violentissimo, io stavo controllando un disco ed il ginevrino mi è piombato
addosso. Tutto in un attimo, ero completamente disorientato, la testa mi girava. Una bruttissima esperienza, ho avuto paura, ma la mia determinazione e la vicinanza di amici e famigliari mi hanno aiutato a recuperare. Spero di non più vivere simili momenti.


Riat si è fatto vivo per scusarsi?
Sì, ci siamo sentiti quando le acque si sono un po’ calmate. Damien si è recato subito dopo il mio infortunio dal nostro team manager (Mirko Bertoli, ndr) per dire quanto era dispiaciuto; un giorno quando ero in ospedale lui mi ha mandato un messaggio telefonico esprimendo tutto il suo rammarico e incoraggiandomi a recuperare. Un bel gesto. 

Per lei è stato come aprire un nuovo capitolo della sua carriera.
Esatto. Si trattava di ricominciare, speravo di non aver smarrito le belle sensazioni avvertite prima del grave incidente.


Rientrare e non poter sentire il calore e l’affetto dei tifosi è stato brutto a causa del Covid.
Il pubblico nell’hockey è l’essenza, rientrare nel silenzio più totale è stato davvero molto strano, come strana è stata tutta la stagione senza il chiasso della gente e con il calendario ribaltato più volte per le quarantene che hanno costretto noi ed altre squadre a fermarsi. La pandemia è stata davvero difficile da sopportare, però ci si è dovuti adattare.


Tutto è però ripreso al meglio, avete agguantato il secondoposto ma il Rapperswil vi ha completamente rovinato la festa nei quarti dei playoff.
Eravamo fiduciosi ma allo stesso tempo sapevamo che il Rapperswil era un avversario tosto. Non pensavamo di uscire così presto dai playoff.


I maligni dicono che il Lugano abbia un po’ snobbato i rivali…
Dico di no e nel modo più assoluto: siamo dei professionisti. Alle nostre spalle cè un grandissimo lavoro per poter rendere poi al massimoo in partita. I Lakers non li abbiamo affatto snobbati. 


Cosa allora non ha veramente funzionato?
I nostri avversari hanno soprattutto giocato sui nostri errori, colpendoci in contropiede e non solo. Peccato, dobbiamo imparare da questa lezione per il futuro. 


Ora si pensa alla nuova stagione. Partendo appunto dalla difesa: la dirigenza ha voluto irrobustirla con svizzeri di esperienza come Alatalo, Guerra e Mirko Müller. 
La nostra difesa ha visto partire diversi giocatori e quindi occorreva un valido ricambio. Tutti e tre sono perfetti per noi: hanno acquisito tanta esperienza e ci permetteranno di fare un altro passo avanti per acquisire maggiore solidità. Personalmente sono molto fiducioso. 


Via Pelletier è arrivato sulla panchina bianconera Chris McSorley ritenuto un duro. Avete già incontrato l’ex tecnico del Ginevra? 
Un tipo davvero carismatico, che conosce perfettamente la materia. Ha una notevole esperienza e questo dovrebbe aiutarlo molto. Mi faccia dire comunque che anche Pelletier ha lavorato bene, un tecnico che reputo anch’esso di grandi qualità. Ha saputo dare alla squadra i giusti impulsi per crescere.


Quali sono stati i suoi migliori compagni di squadra, svizzeri e stranieri?
A livello nazionale tutti, ma in particolare – perché abbiamo condiviso tanti bei momenti privati – con Chiesa, Sannitz e Fazzini. Per quanto riguarda gli stranieri tutti mi hanno colpito e quindi non faccio distinzioni, anche gli... ultimi arrivati Arcobello, Heed, Boedker e Lajunen: sempre disposti ad aiutarmi. In ogni momento.


Il suo idolo?
Ho sempre ammirato Thornton, contro il quale ho pure giocato quando lui era a Davos a fine carriera.


Il sogno nel cassetto?
Come detto quello di giocare con la nazionale maggiore, che quest’anno, a mio avviso, ai Mondiali in Lettonia può fare davvero molto bene. Rappresentare il proprio paese deve renderci tutti orgogliosi.


La Champions è un altro bel regalo che vi siete fatti.
Una competizione di grande prestigio che ci servirà per fare esperienza contro avversari fortissimi.

GIANNI MARCHETTI

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