Magazine, 07 marzo 2021
L’ingegner Terrone… fa causa all’Accademia della Crusca: “Il mio cognome non è una parolaccia”
Con la sua azione legale, Francesco Terrone, “orgoglioso del suo cognome” chiede alla Crusca di cambiare la definizione del termine, contemplando anche la sua accezione positivo, la ricchezza terriera del Sud Italia
SALERNO (Italia) – È una “battaglia di civiltà” contro il termine “terrone”, usato come dispregiativo, quella che ha ingaggiato Francesco Terrone, ingegnere 59enne di Salerno, contro l’Accademia della Crusca, la secolare istituzione fiorentina incaricata di custodire il tesoro della lingua italiana di Dante.
Tanto da portarla in tribunale, perché Francesco Terrone “orgoglioso del cognome” che da secoli porta la sua famiglia campana: come riferito da alcuni media italiani, il 59enne chiede alla Crusca di cambiare la definizione del termine “terrone” contemplando anche la sua accezione positiva, quella della ricchezza terriera del Sud Italia.
Ben 3 le lettere inviate tramite posta certificata nei mesi scorsi: l’ingegnere ha chiesto di integrare sul sito internet dell’Accademia la storia del termine lessicale che connota negativamente i meridionali. Ma, dopo aver ricevuto solo risposte evasive, Terrone dopo l’ultima telefonata ha dichiarato: “Ci vediamo in tribunale”.
I membri dell’Accademia della Crusca pensavano a uno scherzo, ma si sono visti recapitare un atto di citazione dell’avvocato che rappresenta la Fondazione Francesco Terrone: la prima udienza si terrà a settembre in provincia di Salerno!
“La voce nasce nei grandi centri urbani dell’Italia settentrionale con valore di “contadino” e viene usata, in senso spregiativo
o scherzoso, per indicare gli abitanti del Meridione in quanto il Sud era una regione caratterizzata da un’agricoltura arretrata”, spiega l’Accademia sul suo sito.
Tramite 3 PEC, Terrone, ha chiesto un’integrazione “positiva”, senza ottenere i risultati sperati. Così si è rivolto al tribunale, perché si aggiunga un riferimento “alla terra dei latifondisti, dei feudatari, della ricchezza, oltre al riconoscere un cognome i cui discendenti diedero lustro all’Italia intera”.
Il tutto, definito “serio” dallo stesso ingegnere, parte dagli anni ’90: “Arrivato in Brianza per una supplenza in una scuola, ho resistito due mesi – ha spiegato – Mi sono sentito dire che con quel cognome potevo fare l’operaio, non l’ingegnere. A volte a Milano, chiamando un taxi e dicendo il mio cognome sono rimasto il mio cognome. C’è tanto materiale da presentare in tribunale”.
Il presidente dell’Accademia della Crusca, il professore Claudio Marazzini è rimasto stupefatto: “È assurdo voler far pagare alla Crusca una colpa dell’uso discriminatorio di un termine impiegato nella storia d’Italia quando la nostra Accademia ha segnalato questo difetto, lo ha contestato, criticato, condannato, pur facendone la storia, perché quella non è cancellabile. Non c’è nulla di discriminatorio da parte nostra”.