Opinioni, 24 settembre 2020

In gioco non ci sono solo gli aerei, bensì l'esercito

Il 27 settembre, su cinque oggetti in votazione, due sono determinanti per il futuro della Svizzera: l’iniziativa per la limitazione (dell’immigrazione) ed i nuovi aerei “da combattimento”.
A proposito di quest’ultimo tema, vale la pena chiarire subito un aspetto. Anche perché il fronte del No lo sta strumentalmente cavalcando. I velivoli servono anche in tempo di pace a proteggere il nostro spazio aereo. Infatti svolgono compiti di polizia aerea. Quindi, non rimangono negli hangar a fare ragnatele “in attesa” di un eventuale conflitto armato. Ogni giorno si registrano in media 40 casi in cui si rende necessario un intervento di polizia dell’aria: vuoi per inosservanza delle regole del traffico aereo, vuoi per violazione dello spazio aereo, vuoi perché c’è un velivolo in difficoltà che necessita di aiuto, vuoi per i necessari controlli a campione.

Gli aerei da combattimento non sono un optional. Un esercito senza difesa aerea non è credibile: è come un’automobile senza le ruote. E di alternative non ce ne sono. In particolare, non ci si può affidare unicamente alla difesa da terra. Perché da terra si può solo decidere se sparare ad un velivolo oppure no. Ma tutti i compiti elencati sopra non possono essere svolti. Né si può pensare, per ovvi motivi (velocità, possibilità di salire in altitudine,…) di poter sostituire degli aerei con droni o elicotteri.

Anche la storiella delle guerre “tradizionali” che apparterrebbero al passato lascia il tempo che trova. A parte il fatto che vari paesi europei si stanno armando, e un perché ci sarà; forse che qualcuno si sarebbe aspettato, solo ad inizio anno, che il mondo sarebbe stato messo in ginocchio non già
da fantascientifiche falle cibernetiche, bensì da un’epidemia (il maledetto virus cinese) come ai tempi della peste del 1348? Evidentemente le nuove minacce non soppiantano quelle vecchie, ma vi si aggiungono.

Il fronte contrario all’acquisto dei nuovi velivoli non vuole delle alternative, peraltro inesistenti. Semplicemente, i rossoverdi colgono ogni occasione per smantellare l’esercito - il loro programma ne prevede l’abolizione - con la tattica del salame: una fetta alla volta. Questo è l’obiettivo dei referendisti. Ed al proposito i cittadini devono essere in chiaro. Un no ai nuovi aerei sarebbe un no all’esercito. Un no all’esercito è un no alla difesa della Svizzera, e quindi alla Svizzera. Appaltare la nostra sicurezza a paesi stranieri, come qualcuno immagina di fare, è impensabile. In questo modo ci renderemmo sempre più succubi e sempre più dipendenti dall’UE. Solo chi sogna l’adesione della Svizzera all’Unione europea - la sinistra, appunto - può avanzare simili ipotesi. Che non sono solo aberranti. Sono anche in palese contrasto con la nostra neutralità.

Nemmeno sta in piedi l’obiezione che si spenderebbe in aerei a scapito di altri settori. Punto primo: i 6 miliardi destinati all’acquisto dei nuovi velivoli provengono dal budget dell’esercito, e lì resterebbero, anche in caso di bocciatura popolare. Punto secondo: se c’è da risparmiare, di sicuro non si taglia sulla nostra sicurezza. Semmai lo si fa sui contributi di coesione all’UE, sui migranti economici, sui regali miliardari all’estero, eccetera. Li sì che il “grasso che cola” abbonda!

Lorenzo Quadri
Consigliere nazionale
Lega dei Ticinesi

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