Francesco ha 18 anni, e li ha compiuti giusto due settimane prima che in Italia esplodesse la Covid-19. La pandemia gli ha cambiato letteralmente la vita: perché anche se era giovane e perfettamente sano, il virus lo ha infettato e gli ha danneggiato irrimediabilmente i polmoni, 'bruciando' ogni capacità di respirare normalmente. A salvarlo è stato un trapianto record effettuato al Policlinico di Milano, con un percorso che prima di oggi era stato tentato solo in Cina, dove la diffusione del coronavirus ha avuto inizio. Il coordinamento operativo è stato assicurato dal Centro nazionale trapianti in sinergia con il Centro regionale trapianti della Lombardia e il Nord Italia transplant program.
DA SANO A GRAVISSIMO IN QUATTRO GIORNI
Questa storia inizia il 2 marzo scorso, quando Francesco - alto, in buona salute, senza alcuna patologia pregressa - sviluppa una febbre alta. Ci vogliono solo quattro giorni perché precipiti tutto: il 6 marzo viene ricoverato nella terapia intensiva realizzata alla tensostruttura dell'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano per l'aggravarsi delle sue condizioni, e solo due giorni dopo ha bisogno di essere intubato. Intanto il virus non smette di fare danni, e compromette i polmoni del ragazzo così tanto che il 23 marzo i medici dell'Unità di Terapia Intensiva cardiochirurgica del San Raffaele lo devono collegare alla macchina ECMO per la circolazione extracorporea. Ma anche questo non basta più, e il virus colpisce ancora più duramente: ormai i suoi polmoni si sono compromessi irrimediabilmente, non si torna più indietro. A metà aprile arriva il primo barlume di speranza: in un confronto con gli esperti della Chirurgia Toracica e Trapianti di Polmone del Policlinico di Milano, diretti da Mario Nosotti, si decide di tentare un'ultima risorsa, quella di donargli dei polmoni nuovi. Una cosa mai tentata finora, se non in pochi rari casi in Cina (e in un singolo caso a Vienna, eseguito anch'esso la scorsa settimana), e che gli stessi medici definiscono "un salto nel vuoto".
"Qui, oltre alle competenze tecniche - racconta il professor Nosotti, direttore della Scuola di specializzazione in Chirurgia toracica all'Università degli Studi di Milano - devo sottolineare la caparbietà e il coraggio dei colleghi del San Raffaele che, invece di arrendersi, ci hanno coinvolto in una soluzione mai tentata prima nel mondo occidentale. La nostra esperienza prende spunto da quella del professor Jing-Yu Chen dell’ospedale di Wuxi in Cina, che conosciamo personalmente e con quale abbiamo discusso alcuni aspetti tecnici, dal momento che per ovvi motivi si è trovato a fronteggiare il problema prima di noi".
SI METTE IN MOTO LA RETE NAZIONALE TRAPIANTI
La strada da percorrere non è affatto semplice: gli ospedali sono impegnati con la pandemia e ogni procedura - anche la più banale - ha bisogno di attenzioni e cautele finora impensabili. Intanto gli esperti del Policlinico mettono in atto la strategia: i chirurghi toracici, insieme ai pneumologi, agli infettivologi, ai rianimatori, agli esperti del Centro Trasfusionale pianificano tutto nei minimi dettagli.
Si mette in moto anche la macchina del Centro nazionale trapianti: l’intervento e le condizioni del paziente passano al vaglio della task force infettivologica che in questo momento ha il delicato compito di “proteggere” il sistema trapianti dal Covid-19 e, dopo la valutazione positiva, il giovane viene inserito in lista d’attesa urgente nazionale: è il 30 aprile. Da Roma viene immediatamente attivata la ricerca degli organi e pochi giorni dopo sembra esserci un donatore disponibile, ma risulta quasi subito non idoneo. Intanto il ragazzo continua a peggiorare e “le sue riserve – commenta Nosotti – sembravano ormai prossime alla fine”.