Mondo, 24 febbraio 2020

L’Italia si scopre l’anello debole d’Europa

Adesso l’Italia diventa l’anello debole d’Europa nella trincea del coronavirus. I Paesi europei iniziano a temere i focolai che si sono sviluppati tra Lombardia e Veneto e sono in molti a chiedersi se non sia il caso di fare qualcosa in più per fermare i contagi: partendo proprio dall’isolare l’Italia. Innanzitutto sospendendo il trattato di Schengen. Quella mossa richiesta in Italia dal centrodestra per provare a evitare il contagio nel Paese potrebbe essere richiesta dagli Stati europei proprio per fermare un eventuale effetto contagio nel resto del continente. E non è un mistero che la richiesta potrebbe toccare anche i vertici dell’Unione europea.

Per adesso le fonti Ue, come riportato da La Stampa, hanno parlato solo di eventualità che qualche Paese possa avanzare richieste in tal senso. Ma intanto che si muove la burocrazia e che si soppesano le parole, ci sono state le prime prese di posizione. La Romania ha ordinato controlli per chiunque arrivi dalle regioni italiane colpite dal coronavirus. La Svizzera non ha ordinato controlli ma in Ticino si inizia a ventilare ipotesi di rafforzamento delle dogane e sono aumentati i controlli. Marine Le Pen, dalla Francia, tuona sulla possibilità che in caso di epidemia incontrollabile si chiudano i confini con l’Italia. E adesso anche dall’Austria, in particolare dalla Carinzia, si chiede di non viaggiare verso l’Italia. Una misura precauzionale che fa il paio con i primi controlli per chi arriva dal nostro territorio anche in Israele, Paese che ha messo l’Italia nella stessa blacklist dei Paesi asiatici.

Il problema è serio. E l’Italia, che avrebbe dovuto blindare i confini (non solo fisici, ma anche quelli di aeroporti e porti) per evitare il contagio, adesso si trova nella particolare situazione di essere il vero problema dell’Europa di fronte al dilagare dell’epidemia. Un rischio che, come detto, inizia a ventilarsi in sede europea e che è purtroppo confermato dal numero dei contagi: enormi rispetto a quello degli altri Stati che hanno invece deciso da subito di applicare protocolli diversi e hanno ottenuto, almeno per il momento, di circoscrivere i focolai in piccole località e soprattutto senza i numeri che sta vivendo in queste ore il nostro territorio.

L’Italia adesso è sotto osservazione. Lo stesso Washington Post ha scritto della condizione
del coronavirus in Italia parlando dell’Italia come del più grande focolaio fuori dall’Asia. Una condizione che terrorizza gli italiani ma lascia soprattutto perplessi gli altri governi. Cosa è saltato in Italia? Cosa è successo perché si passasse nel giro di poche ore da un Paese con poche unità ricoverate al deflagrare di un’esplosione dai contorni ancora oscuri, come dichiarato anche apertamente dall’Organizzazione mondiale della Sanità? Difficile dirlo. Sicuramente c’è stata una falla nel sistema. Ma è curioso che l’unico Paese ad aver bloccato i voli diretti da e per la Cina risulti quello più colpito. Certo, non era stato previsto il blocco per i voli indiretti, che facevano scalo in altri Paesi. Ma dal momento che altri Stati Ue non hanno nemmeno attuato il blocco dei voli come quello attuato in Italia, è impossibile dare tutta la colpa al mancato stop alle linee aeree. Sicuramente c’è dell’altro. Secondo Dagospia, il problema potrebbe derivare proprio (paradossalmente) dal blocco dei voli. “Gli altri Paesi Ue, lasciando aperto la tratta con la Cina, hanno invece avuto la possibilità di circoscrivere il problema. Nessuno è rientrato in Spagna o in Germania da voli indiretti – spiega Dagospia – E tutti quelli che rientrati dalla Cina sono stati messi direttamente in quarantena”, in questo modo le autorità avrebbero lavorato su un unico canale. Invece, facendo distinzioni, hanno lavorato su un doppio binario evitando controli serrati sui voli indiretti.

In ogni caso, quello che conta, in questo momento, per i Paesi europei non è solo evitare che il virus si diffonda dai Paesi asiatici e dalla Cina in primis, ma anche che si diffonda dall’Italia, visto che il numero dei contagi aumenta di ora in ora e si teme che possa essere solo l’inizio di uno scenario ancora più grave e non calcolato (almeno all’inizio). Gli Stati Ue ancora non hanno deciso per misure drastiche e da Bruxelles non è ancora scattata l’allarme Italia. Ma è evidente che Lombardia e Veneto sono considerate l’anello debole della catena contro il coronavirus. Al di là delle Alpi si teme il contagio. E anche se la Commissione europea predica calma, è evidente che qualcuno inizia temere che la libertà di circolazione possa non essere più un tabù.

Lorenzo Vita / insideover.it

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