Sport, 30 aprile 2019

In memoria di Ivo Frosio: "Il più grande rammarico della mia vita"

Questa l’ultima intervista di Ivo Frosio, scomparso nei giorni scorsi

LUGANO - Settimana scorsa si è spento Ivo Frosio, ex giocatore del Grasshopper, del Lugano e della Nazionale rossocrociata degli Anni Cinquanta. Proprio ieri avrebbe compiuto 89 anni. Con la maglia delle cavallette vinse sia il campionato che la Coppa nel 1956. Nella stagione successiva passò al club bianconero, nel quale militò sino al 1961 ( 70 partite, 19 reti). Ha vestito 13 volte la maglia rossocrociata e il suo esordio avvenne il 20 settembre 1952 in Svizzera-Ungheria. Fu convocato anche per i Mondiali del 1954 che si disputarono nel nostro paese. Ma non giocò una sola partita. Il Mattino della Domenica oggi lo ricorda riproponendo quella che è stata la sua ultima intervista ai mass media ticinesi, realizzata proprio dal nostro giornale neH’aprile del 2014 alla vigilia dei Mondiali brasiliani.

Da Racconti Mondiali

Ivo Frosio ha 84 anni, vive a Cassarate e dice di essere in forma. “Vado ancora in palestra e faccio esercizi quotidiani. Ho qualche acciacco, è vero ma non posso lamentarmi”. Ha una memoria di ferro e snocciola formazioni, partite e date come uno studente che si prepara ad un esame di fine anno. “Certe cose - ammette - non si possono dimenticare. Ho fatto tante esperienze, arricchenti e bellissime. Ma c’è una cosa che ancora oggi mi fa male: nel 1954 venni convocato per i “nostri” Mondiali da Karl Rappan ma per un motivo o per l’altro, non giocai nemmeno un minuto...”.

La sua voce per un attimo perde forza, Frosio ci teneva moltissimo all’evento iridato. “Si giocava in casa, avevamo di fronte Italia e Inghilterra, e mi sentivo in forma. Faccio presente che mi ero ristabilito da un infortunio al ginocchio in sole tre settimane. Incredibile per l’epoca! Eppure mi dovetti accontentare di guardare le partite dalla tribuna. A quei tempi non esistevano le sostituzioni, si poteva cambiare solo il portiere,Una vera disdetta”.

Ivo Frosio, nato e cresciuto a Locamo da genitori di origini bergamasche, ha vestito 13 volte la maglia della Nazionale e per dieci anni è stato uno dei difensori più forti del calcio svizzero. Con la maglia del Grasshopper e del Lugano successivamente. “Con le cavallette ho vinto un titolo e una Coppa Svizzera nel 1956. Anni stupendi quelli trascorsi a Zurigo fra il 1951 e il 1957. Dapprima giocando con lo Zurigo, ma per pochi mesi: poi il club mi accusò di aver firmato un pre-contratto con il GC, e ciò non era assolutamente vero, e iniziò a farmi delle angherie. Ma per le cavallette firmai davvero qualche mese dopo e dal 1952 ho iniziato la mia vera carriera, che in seguito mi ha portato al Mondiale svizzero ”.

Frosio ricorda il suo approccio al mondo del calcio: “A 16 anni, con il locamo, incredibile: con me c’era anche Bixio Candolfi, diventato poi direttore della TSI. Nel 1950 mi trasferii a Zurìgo, dove mi raggiunse la mia futura moglie Francesca con la quale sono felicemente sposato(ride)”.
Ma poco prima dei Mondiali, il buon Ivo ha avuto modo di viaggiare e di conoscere il mondo.

“L’anno dei Mondiali disputammo la Coppa Rio, un torneo a carattere amichevole ma molto prestigioso. Un momento di grande emozione per noi del Grasshopper: non era così scontato varcare l’Oceano per giocare partite contro gli squadroni del Sudamerica. Affrontammo il Penami e il Fluminense e contro quest’ultimo mi trovai di fronte un certo Vavà. Un'esperienza memorabile, che ancora oggi mi porto dentro ”.

Nel 1954, finalmente, ecco la rassegna mondiale nella terra di Guglielmo Teli. “Il ritiro avvenne a Macolin — dice Frosio - Eravamo in 22 e subito mi resi conto che tirava aria grama. Rappan, che non aveva mai digerito il mio rifiuto di trasferirmi al Servette, squadra da lui diretta, mi relegò fra le riserve. Mi ricordo che gli undici titolari dormivano al primo piano, e le presunte risente al piano terreno. Il Mondiale, per me, era già segnato... ”.

La Svizzera era riuscita a farsi assegnare la prima edizione europea della Coppa Rimet dopo la seconda guerra mondiale. “In realtà non mi pare ci fosse un grandissimo entusiasmo. Noi eravamo a Macolin, fuori dal mondo. E non c ’era ancora il grande tam tam mediático: la televisione non esisteva, i telegiornali si vedevano al cinema e quindi dovevamo ascoltare la radio e leggere i resoconti dei giornali. Ma di una cosa sono sicuro: noi giocatori eravamo nervosissimi, perché in fin dei conti era il nostro Mondiale ”.

Ma il ticinese non venne tenuto in considerazione, almeno sino allo spareggio con l’Italia. “Esatto - afferma Frosio —. Dovevamo giocare la gara decisiva contro gli azzurri, già sconfitti nel turno preliminare a Losanna. Avevamo tutti paura e qualche giocatore iniziò a tirarsi indietro. Rappan allora mi chiese se volessi giocare e io, un po ’perché timoroso e un po ’ perché ero stato trattato come l’ultima ruota del carro precedentemente, gli dissi di no. E cosi mi giocai la chance di giocare il Mondiale. Il più grande rammarico della mia vita... ”

E l’avventura rossocrociata finì ai quarti di finale contro l’Austria. “Perdemmo 7-5 al termine di una sfida rocambolesca. I miei compagni giocarono una grande partita ma non fu sufficiente per passare il turno. Quello era un gran bel calcio. Oggi c ’è troppa fisicità, ma questo ormai lo sanno tutti e nessuno ci fa più caso ”.

Per la cronaca Ivo Frosio ha smesso di giocare nel 1961 in seguito alla rottura del ginocchio dopo uno scontro con l’amico Fatton. Non di rado oggi lo si vede sulle tribune di Comaredo.

“Mi piace questo Lugano, anche se a volte dovrebbe giocare in modo più semplice. In fondo il calcio è un gioco semplice. O no? ” ricorda Frosio...

M.A. 

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