Mondo, 21 gennaio 2019
Al via il WEF di Davos, si ritrova l'èlite ma mancano i leader mondiali
Sarà un WEF zoppo, quello che ha inizio oggi a Davos, marcato dall'assenza di molti leader di peso. Il presidente americano Donald Trump, Emmanuel Macron e Theresa May saranno tutti e tre assenti per occuparsi dei problemi di politica interna che stanno interessando i loro paesi. Grande assente anche il presidente cinese Xi Jinping. Ed ecco che l'èlite mondiale si ritrova senza i leader politici, nuovo segnale di un mondo che entra in una fase marcata dall'incertezza.
Trump protagonista assente
Al summit nei grigioni le star saranno così il neo-eletto presidente brasiliano Jair Bolsonaro e la cancelleria tedesca Angela Merkel. E il fatto che il primo sia stato eletto su una piattaforma populista "à la Trump" non certo vicina ai grandi capitali e alle èlite davosiane e la seconda è una globalista di lungo corso la cui carriera politica è verso il tramonto, la dice lunga sullo stato attuale di Davos.
Tuttavia, come ha dichiarato in un’intervista all'emittente CNBC Tom Nides, vice presidente di Morgan Stanley ed ex vice segretario di Stato americano, “Donald Trump sarà il protagonista a Davos, indipendentemente dal fatto che non sia lì”. Che si parli della disputa commerciale tra Stati Uniti e Cina, dello shutdown americano o della Nato, sarà difficile evitare di parlare dell’inquilino della Casa Bianca – in uno scenario fatto di grande incertezze per il futuro e con una recessione che incombe alle porte.
L'impero americano verso la sua fine
La crisi del globalismo, l'affermarsi di populismi e nazionalismi in ogni parte del mondo saranno all'ordine del giorno del summit politico più famoso al mondo. L’ansia per la fine del vecchio ordine mondiale sarà al centro delle preoccupazione dei partecipanti al summit nei grigioni – partecipanti fra i quali figurano tra gli altri gli ultra miliardari Bill Gates, Ray Dalio e George Soros – élite che ha enormemente beneficiato della stabilità dell’era precedente. “L’ordine americano è finito e non sappiamo quale sarà
il prossimo ordine”, ha affermato Ian Bremmer, fondatore dell’Eurasia Group.
“È un periodo molto più pericoloso e caotico quello in cui stiamo entrando”. Pericoloso e caotico per chi Bremmer non lo specifica, Bremmer che è o è stato giornalista per quasi tutte le maggiori testate della costa atlantica degli Stati Uniti, le stesse che oggi sono impegnate in una guerra mediatica senza quartiere all'attuale inquilino della Casa Bianca.
Rivolta contro le èlite
La verità è che la visione e l'ordine del mondo di cui Davos è il simbolo, oggi sono in discussione come non mai. Gli americani hanno eletto Donald Trump quale loro presidente, al motto di "Prima l'America" e con l'intenzione di limitare l'immigrazione, fermare le guerre di aggressione iniziate dai suoi precedessori e ridimensionare il libero commercio. Gli inglesi, solo qualche mese prima, decidono di lasciare l'UE. A qualche anno di distanza, la situazione, dal punto di vista di chi si riunisce a Davos, è solo peggiorata.
L'Italia e il Brasile hanno eletto governi e leader sulla falsa riga di Trump o comunque freddi alle sirene del globalismo e dell'immigrazione che hanno marcato chi gli precedeva. E nello stesso periodo, i due leader che maggiormente incarnavano lo status quo nel vecchio continente, la tedesca Angela Merkel e il francese Emmanuel Macron, devono fare i conti con una perdita costante di autorevolezza, come testimoniano in un caso l'ascesa del partito di destra AfD in Germania e le manifestazioni permanenti dei gilet gialli in Francia.
"Certamente l'umore è più cupo che negli scorsi anni" afferma l'economista e ospite fisso di Davos Nariman Behravesh all'emittente ABC, "i partecipanti non saranno in grado di frenare le tendenze protezionistiche di Donald Trump - questo non accadrà", aggiunge Behravesh. "Ma potrebbero fornire una piattaforma di discussione sui benefici della globalizzazione". Che le discussioni avranno luogo quello è certo, il punto è se c'è ancora qualcuno che le ascolta.