Opinioni, 12 ottobre 2025

Jelassi e i Fratelli Musulmani

IL PRESIDENTE FRANCESE HA CHIUSO PER ATTIVITÀ SOVVERSIVE L’ISTITUTO DI CHÂTEAU-CHINON, DOVE L’IMAM DELLA MOSCHEA DI VIGANELLO AVEVA STUDIATO DIRITTO E TEOLOGIA

Nel gennaio e nel marzo del 2017 l’imam Jelassi e Giorgio Ghiringhelli si trovarono faccia a faccia nel corso di due dibattiti andati in onda su Teleticino sul tema “Islam e terrorismo” e “L’Europa e la paura dell’islam”.

Cattive notizie per Samir Radouan Jelassi, l’imam della Lega dei Musulmani del Ticino. Con decreto dello scorso 3 settembre il presidente della Repubblica francese, Emanuel Macron, ha sciolto l’”Institut Européen des Sciences Humaines (IESH)”, una delle tante associazioni della federazione “Musulmans de France”, principale rappresentanza dei Fratelli musulmani, il movimento che sostiene un’ideologia islamista radicale mirante alla creazione di una società regolata dalla legge islamica (https://www.legifrance.gouv.fr/eli/decret/2025/9/3/INTD2524595D/jo/texte). Nel 1990 questa associazione aveva aperto a Château-Chinon una scuola specializzata nella formazione di imam, insegnanti, predicatori e dirigenti musulmani. E proprio qui, Jelassi, nato in Tunisia nel 1969 ma divenuto in seguito cittadino francese, dopo aver ottenuto a Grenoble la licenza in diritto, aveva completato i suoi studi in diritto e teologia, prima di diventare l’imam della Comunità islamica del Ticino (creata nel 1992), da cui poi si staccò con altri suoi adepti nel 2005 fondando la Lega dei musulmani in Ticino. All’epoca la stampa romanda l’aveva presentato come il primo imam attivo in Svizzera formato in Europa. Peccato però che la formazione ideologica e religiosa impartita (in lingua araba) a Château-Chinon avesse poco a che fare con gli insegnamenti dispensati nelle scuole europee, e anzi, come si legge nel citato decreto presidenziale, “aveva costituito una tappa determinante nel processo di radicalizzazione violenta di molti suoi allievi prima che si lasciassero coinvolgere in imprese di carattere terroristico o ne facessero la propaganda”.

Insegnamenti sovversivi a Château-Chinon

Nel decreto vengono citati gli esempi di diversi dirigenti e insegnanti dell’istituto che occupavano posti di rilievo in associazioni implicate nel finanziamento di società satelliti di Hamas, o che sulle loro reti social manifestavano delle simpatie per persone implicate nel finanziamento del terrorismo. Nella biblioteca dell’istituto sono stati trovati numerosi libri inneggianti al jihad, all’odio contro gli ebrei, i cristiani e gli apostati, suscettibili di provocare atti di terrorismo. Sono pure stati scoperti fascicoli dei corsi scolastici che promuovevano una visione radicale dell’islam e un’ideologia che legittima la discriminazione e la violenza verso i non musulmani, le donne e gli omosessuali e che incita ad atti come l’amputazione della mano dei ladri, la flagellazione e la lapidazione in caso di relazioni sessuali al di fuori del matrimonio. In un altro supporto pedagogico si veicolavano delle teorie discriminatorie che legittimano le violenze fisiche nei confronti delle donne in caso di disobbedienza all’uomo. Agli allievi venivano pure insegnati i pareri giuridici oscurantisti emessi dal Consiglio Europeo per la Fatwa e la Ricerca, un organismo con sede a Dublino fondato a Londra nel 1997 e a lungo presieduto da Youssef al Qaradawi, un fanatico antisemita (deceduto a Doha nel 2022), capo spirituale della confraternita dei Fratelli Musulmani a partire dagli anni ’60, nonché membro del Consiglio scientifico dell’istituto di Château-Chinon. Questi pareri giuridici limitano ad esempio i diritti della donna e vietano alle musulmane di sposarsi con un non-musulmano. Sono inoltre stati trovati libri che impongono alle donne di indossare il velo, legittimano la poligamia, giustificano l’ineguaglianza tra uomo e donna nelle successioni, affermano che la laicità e la democrazia sono contrari ai valori islamici, inducendo così a sentimenti di contestazione e di odio verso la Repubblica. Insomma, si legge nel decreto presidenziale, “se in pubblico i dirigenti dell’istituto tengono discorsi moderati e repubblicani, quando si rivolgono ai loro adepti diffondono invece una visione antirepubblicana che incita all’odio alla violenza e alla legittimazione della guerra santa”.



Le strategie dei Fratelli Musulmani

Quella del “doppio discorso” e della dissimulazione tattica delle sue reali intenzioni è del resto una delle strategie, assieme al ricorso alla vittimizzazione fatto sfruttando il “concetto ingannevole” dell’islamofobia, utilizzate dai Fratelli Musulmani per raggiungere l’obiettivo sovversivo - mediante l’infiltrazione in tutti i settori della società - della creazione di uno Stato islamico basato sulla sharia, come dimostrato nel rapporto di 73 pagine intitolato “Fratelli Musulmani e islamismo politico in Francia” (file:///D:/Downloads/2025-05-02-rapport-freres-musulmans.pdf) commissionato dal Governo francese e reso pubblico nel maggio scorso. Ormai da tempo i membri della confraternita, la cui attività è dichiarata fuorilegge in diversi Paesi che la considerano un’organizzazione terroristica (come l’Egitto, la Giordania, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrain, la Russia ecc.), hanno capito che anche in Europa comincia a tirare un’aria “pesante” nei loro confronti, e perciò è sempre più difficile trovare qualcuno di loro disposto ad ammettere di far parte di questa organizzazione. Ma un certo numero di indizi permette comunque di capire quando vi è una vicinanza ideologica e strutturale fra il movimento islamista e le varie associazioni musulmane attive in Europa.

Il “Progetto” per conquistare l’Occidente

Per quanto riguarda Jelassi, non pochi indizi consentono di sospettare tale vicinanza, almeno sul piano ideologico. Il che ovviamente non significa che egli condivida certi incitamenti alla violenza, all’odio e alla discriminazione come quelli emersi nell’istituto francese in cui ha studiato, ma potrebbe far sorgere dei giustificati interrogativi sulla sua eventuale adesione al progetto di sfruttare le libertà concesse dalla democrazia per sostituirla poi con la sharia. Un progetto che è possibile raggiungere solo evitando l’integrazione dei musulmani nella società occidentale e favorendo il separatismo. “Con le vostre leggi democratiche vi conquisteremo e con le nostre leggi religiose vi domineremo” soleva dire Youssef al Qaradawi, che era anche azionista della banca Al Taqwa, creata a Lugano nel 1988 e diretta fino alla sua chiusura, nel 1998, da quel Youssef Nada (deceduto nel dicembre scorso) che si vantava di essere il tesoriere dei Fratelli Musulmani. Nel corso di una perquisizione avvenuta al suo domicilio a Campione d’Italia nel 2001, dopo l’attentato alle Torri gemelle di New York, la polizia aveva trovato un documento di 14 pagine, scritto nel 1982 e intitolato “Il Progetto”, nel quale si descriveva la strategia di conquista politica e religiosa dell’Occidente da parte dei Fratelli Musulmani tramite la propaganda, l’incoraggiamento all’antisemitismo in relazione alla causa palestinese nonché l’alleanza con i combattenti del Jihad. Secondo il giornalista romando Sylvain Besson il documento presenta numerose similitudini con il libro “Priorités du mouvement islamique dans la période à venir” scritto da al-Qaradawi nel 1990.

Youssef Nada era il genero, nonché socio in affari, di Ali Ghaleb Himmat, uno dei più importanti membri dei Fratelli musulmani, a livello europeo, della seconda metà del secolo scorso. Nel 1993, come riferisce Sylvain Besson nel suo libro “La Conquête de l’Occident”, Himmat e Al Qaradawi fecero parte di una delegazione dei Fratelli Musulmani che segretamente si era recata in Afghanistan per convincere i capi di guerra che avevano battuto i sovietici a non uccidersi fra di loro per il potere, e per invitarli a rivolgere il jihad contro i crociati (cioè contro di noi…!), i sionisti ed i loro collaboratori. Himmat divenne presidente della Comunità islamica del Ticino nel 2004, lo stesso anno in cui vicesegretario di questa associazione divenne il franco-tunisino Mohammed Karmous, divenuto cittadino svizzero nel 2010, che fra l’altro era stato fondatore di sei altri IESH in Europa (gli istituti di scienze umane di cui quello di Château-Chinon era stato il modello pilota). Entrambi lasciarono le rispettive cariche nel settembre del 2020.

Jelassi e la sua attività in Ticino

Questi strani intrecci fra l’istituto di Château-Chinon e la Comunità islamica del Ticino possono spiegare come mai Jelassi sia stato scelto come imam di questa associazione, che era innegabilmente un’emanazione dei Fratelli Musulmani. Già nel 2015 avevo pubblicato sul sito del Guastafeste (http://ilguastafeste.ch/il_cavallo_di_troia_degli_islamici.pdf) un mio dossier di 38 pagine dall’eloquente titolo “La Comunità islamica ticinese cavallo di Troia dei Fratelli Musulmani”. Alle pagine 7-9 vi era un capitolo dedicato a Jelassi e a Château-Chinon nel quale fra l’altro mi chiedevo “Vuoi vedere che anche Jelassi, l’imam che dice di essere fautore del dialogo interreligioso e dell’integrazione dei musulmani nella nostra società, in realtà – come tanti suoi colleghi – mira a introdurre in Svizzera con mezzi democratici (e quindi senza violenza) la sharia, ossia la legge di Allah, alla quale saremo noi a doverci adattare?”. Un interrogativo rimasto senza risposta.

Come detto, nel 2005 Jelassi, con alcuni adepti, si staccò dalla Comunità islamica del Ticino e fondò la Lega dei Musulmani in Ticino, del cui comitato direttivo entrò a far parte dal 23 gennaio 2019 assumendo la carica di vice-presidente. La linea religiosa conservatrice seguita dall’associazione, specie per quanto riguarda la diffusione del velo islamico, ricalca quella dei Fratelli Musulmani. Qualche esempio? Il 6 novembre 2015 la RSI mandò in onda un servizio televisivo che mostrava una classe scolastica in visita alla moschea di Viganello: tutte le giovani allieve – bell’esempio di proselitismo religioso - erano velate. Il 9 settembre 2013, pochi giorni prima della votazione in Ticino sull’iniziativa antiburqa, Jelassi, in un’intervista rilasciata al quotidiano romando Le Temps, si scagliò contro l’iniziativa definendola calunniosa ed estremista e aggiungendo che la stessa calpestava i valori occidentali. Il 23 aprile 2017 la RSI mandò in onda un documentario girato fra i fedeli della Lega dei Musulmani durante il periodo del Ramadan, in cui si vedevano donne (tutte velate) e uomini che in moschea pregavano e mangiavano separati fra di loro da una tenda, bambine velate già all’età di 5-6 anni, preghiere recitate in lingua araba; a commentare quel documentario in studio vi era la musulmana zurighese Saïda Keller-Messahli, fondatrice di un Forum per un islam progressista, la quale si disse molto scioccata per le immagini che aveva visto, definendole rivelatrici della pratica di un islam molto conservatore e basato su regole rigide . “Non è questo - aveva aggiunto - l’islam che noi vogliamo: noi siamo per un islam più laico, dove uomini e donne possono pregare nella lingua locale e nello stesso spazio, senza divisioni fra di loro, e dove le donne e soprattutto le bambine non debbano indossare il velo”.

Ma ci furono altri episodi più preoccupanti. Il 6 giugno 2017 il sottoscritto denunciò pubblicamente che sulla pagina facebook della Lega dei Musulmani era stato condiviso un video caricato su youtube l’11 luglio 2011 nel quale un fanatico predicatore islamista (Tareq Al Swaidan, capo dei Fratelli Musulmani nel Kuwait) incitava all’odio contro gli ebrei inneggiando alla creazione di un Califfato e relativo dominio dell’islam nel mondo (http://ilguastafeste.ch/3_lega_musulmani_ticino_video_pagina_fb.pdf ). Una prova evidente del fatto che l’associazione simpatizzava per un’ideologia islamista radicale. E tralasciamo qui tutto il capitolo legato alle polemiche sorte nel 2019 a seguito della decisione della Segreteria di Stato della migrazione, basata su un preavviso negativo dei servizi segreti, di revocare la cittadinanza a Jelassi perché sospettato di “intrattenere delle relazioni, in Svizzera e all’estero, con persone in corso di radicalizzazione, già radicalizzate o che sono divenute combattenti della jihad”. Decisione poi annullata nel 2021 dal Tribunale amministrativo federale perché non basata su riscontri oggettivi. E nel 2023 Jelassi ha ottenuto il passaporto svizzero.

Giorgio Ghiringhelli

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