SVIZZERA - Il trasporto merci su rotaia in Svizzera sembra avviato verso un tracollo annunciato. Nonostante i miliardi spesi dalla Confederazione – oltre 23 solo per AlpTransit – i conti di FFS Cargo sono in profondo rosso. Lo stesso direttore Alexander Muhm ha ammesso in un’intervista al Corriere del Ticino: “Se il trasporto merci su rotaia vuole sopravvivere (…)”, lasciando intendere che la sopravvivenza del settore non sia affatto scontata.
Il cosiddetto “mantra” delle merci sul treno da confine a confine, nato negli anni ’90 con l’iniziativa delle Alpi, ha comportato spese enormi: 800 milioni per il “corridoio di 4 metri” in Svizzera, 268 milioni all’estero, 200 milioni per terminal di trasbordo e oltre 2 miliardi per il traffico combinato. Eppure, nonostante questi investimenti, il numero dei TIR che attraversano le Alpi è tornato a crescere dal 2020. Con la chiusura della RoLa – l’“autostrada viaggiante” – prevista per dicembre 2025, migliaia di camion torneranno sulle nostre autostrade.
La situazione è aggravata dai “gigaliner” da 60 tonnellate, già operativi in vari Paesi UE, che rendono la ferrovia ancora meno competitiva. Bruxelles, inoltre, frena qualsiasi tentativo svizzero di aumentare la tassa sul traffico pesante per i camion europei. Il rischio, denuncia Lorenzo Quadri, è che “il cittadino svizzero, già chiamato a finanziare le infrastrutture ferroviarie, debba pagare ancora di più per renderle utilizzate”.
Con gli accordi bilaterali e un possibile “trattato di sottomissione” con l’UE, l’idea di far pagare di più i trasportatori europei resta un miraggio. “Pensare di aumentare balzelli o vignette ai camion e ai vacanzieri dell’UE equivale a credere ancora a Babbo Natale”, conclude amaramente Quadri.