Il Consiglio federale aveva grandi progetti per la sua ambasciata in Cina. Ma il progetto, pianificato per dieci anni, sta incontrando difficoltà, come ha rivelato venerdì l'unità investigativa della SRF. Secondo quanto riferito, le autorità cinesi si rifiutano di rilasciare il permesso di costruire, in quanto il progetto non rispetta diverse normative locali. Il risultato: questa ristrutturazione, nella quale la Confederazione aveva già investito 4 milioni di franchi, è stata abbandonata.
Eppure, nel 2016, il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) ha presentato questo lavoro come urgente. Secondo quest'ultimo, l'ambasciata di Pechino, costruita nel 1973, aveva "raggiunto la fine del suo ciclo di vita". Ad esempio, i requisiti sismici sono stati segnalati come insufficienti, così come la capacità di accoglienza, ritenuta troppo limitata a fronte dell'aumento del personale. Inoltre la Svizzera voleva che la sua ambasciata in Cina evocasse un'immagine di prestigio.
Ora, la prospettiva di questa dimostrazione di forza non è più realmente attuale. "La necessità e l'esigenza di sostituire gli attuali edifici della rappresentanza svizzera a Pechino permangono", ha ammesso il DFAE alla SRF. Ma in assenza di un grande progetto realizzabile, la Confederazione si limiterà a ristrutturazioni parziali, che potrebbero essere sufficienti a prolungare la vita degli edifici di dieci o quindici anni. Quanto ai 4 milioni già investiti, in particolare per il concorso architettonico e la progettazione dei lavori, il DFAE vuole rassicurare: "L'investimento non va perso, perché prima o poi bisognerà realizzare un nuovo progetto di costruzione".
Non è la prima difficoltà che il Consiglio federale incontra in questo progetto. Nel 2016, all'inizio dei lavori di ristrutturazione dell'ambasciata svizzera a Pechino, il costo dei lavori fu stimato in 25 milioni di franchi. Ma nel corso degli studi e degli aggiustamenti continuò ad aumentare, fino a raggiungere i 48 milioni di franchi. Un'impennata che aveva suscitato critiche da parte della Corte dei conti federale (CDF), la quale aveva evidenziato una certa opacità nella giustificazione di questi costi aggiuntivi.