SVIZZERA - Ogni anno il Tribunale amministrativo federale (TAF) stabilisce un nuovo record. Nel 2023 ha superato quota 8.000 ricorsi, con una netta maggioranza in ambito di diritto d’asilo. E mentre ci si interroga su come mai la giustizia elvetica sia sempre più oberata di lavoro, basterebbe dare un’occhiata ad alcune recenti sentenze per capirne il motivo.
Il 22 maggio il TAF si è chinato sul caso di un cittadino turco che pretendeva di restare in Svizzera, nonostante avesse già chiesto asilo in Svezia e Danimarca. Il motivo? Secondo lui, i Paesi scandinavi non avrebbero gestito “adeguatamente” i suoi problemi di salute. Quali? Una “leggera deviazione del setto nasale” e un generico “stato ansioso”. Basta questo per far partire un ricorso che blocca il sistema, mentre SOS Ticino incassa il proprio compenso.
Il 19 maggio è stata invece la volta di un marocchino che si rifiutava di essere rimandato in Italia, dove peraltro vive la sua famiglia, per timore di “trattamenti disumani”. Anche in questo caso, ricorso respinto – ma solo dopo mesi di soggiorno in Svizzera, con vitto, alloggio e assistenza a carico dei contribuenti.
Tra le sentenze si trova anche quella di un tunisino che ha dichiarato di essere omosessuale e di temere il “chiacchiericcio” nel proprio Paese. Due anni in Svizzera prima che la giustizia chiudesse il fascicolo. E poi ancora un altro turco, che dal 2021 continua a presentare ricorsi sostenendo di aver “insultato il presidente”: per questo, non potrebbe tornare in patria.
Nel frattempo, gli uffici giudiziari lavorano a ritmi forzati e i soldi pubblici vanno in spese legali, assistenza e gestione di ricorsi che spesso sfiorano il grottesco. A guadagnarci sono solo alcune associazioni ben oliate e i legulei di professione. E poi ci si stupisce se la giustizia rallenta...
Fonte: MDD, 15.6.2025