Sport, 20 aprile 2025

“1995, un anno pazzesco! E in Colombia mancò poco...”

Oggi si corre l’Amstel Gold Race, 30 anni fa la vinse Mauro Gianetti (con la Liegi)

LUGANO - Mauro Gianetti e quello straordinario 1995. Trent’anni fa giusti giusti. Dapprima sbanca a sorpresa la Liegi-Bastogne-Liegi, classica in cui sorprende tutti i big; poi, una settimana dopo regola in volata l’italiano Davide Cassani e vince anche l’Amstel Gold race, la corsa della birra degli olandesi. Mauro Gianetti e il 1995: quasi straordinario, perché il corridore di Isone, oggi CEO della UA Emirates e “capo” del fenomeno Tadej Pogacar, sfiora anche il titolo iridato nella periferia di Bogotà, capitale della Colombia, in un paesino con quattro case in croce chiamato Duitama. È inizio ottobre e il corridore di Isone lotta spalla a spalla con i grandi di allora Indurain, Pantani ed Olano. Alla fine si accontenta del quarto posto ma il risultato poteva essere migliore se, come ci ha detto Mauro al telefono, “avessi osato di più”. Mancanza di coraggio? Un errore tattico? Non crediamo: semplicemente il nostro ciclista si trovò nel bel mezzo del duello Italia-Spagna e fu sorpreso dall’attacco di Abraham Olano, che poi diventò campione del mondo. “Ogni tanto ci ripenso – afferma Gianetti – anche se mi rendo conto che disputai una grande prova. Mancò l’acuto. Rispetto al Mondiale successivo di Lugano, ho comunque più rimpianti: nella corsa ticinese terminai secondo dietro a Johann Museeuw, nettamente più forte di me, in volata. In Colombia avevo più chances di spuntarla”. 


Ma tant’è: a 30 anni distanza il buon Mauro si tiene stretto quel quarto posto ma soprattutto la meravigliosa doppietta Liegi-Bastogne-Liegi e Amstel Gold Race. “Furono giornate molto speciali, mi piace ricordarle. E allora ai bordi della pista c’era anche i miei tifosi, alcuni di loro proprio in questi giorni sono venuti in Olanda per celebrare il trentesimo della mia vittoria”. Il tutto, comunque, iniziò alla Liegi-Bastogne-Liegi, la Doyenne, la classica più vecchia, tanto cara al Cannibale Eddy Merckx, che la vinse ben cinque volte.


Beffati i campioni
Quel giorno in Vallonia le temperature erano piuttosto miti, il massimo per i corridori (la Liegi-Bastogne-Liegi quando piove o fa freddo diventa massacrante). Mauro Gianetti, che corre per la Polti, si trova quasi inaspettatamente davanti con un gruppo di autentici fuoriclasse: ci sono Bugno, Bartoli, Armstrong, Jalabert e Casagrande e tutti si tengono d’occhio in modo quasi asfissiante.


“Per provare a vincere – dice il CEO della UA Emirates – sapevo che avrei dovuto inventarmi qualcosa. In un arrivo in volata avrei sicuramente perso. Poi, ad un certo punto decisi di partire e dietro non riuscirono a rispondere. Quando si accorsero che andavo a mille, era troppo tardi. A 5 chilometri dal traguardo rubai 200 metri di vantaggio e non mi ripresero più”.


In quegli istanti Gianetti si accorge che può scrivere la storia e coronare una carriera fatta di sacrifici.“Pensavo solo a pedalare ed evitavo di guardarmiindietro. I miei inseguitori erano lontani. E quando
tagliai la linea del traguardo non mi resi conto di quello che avevo fatto: dopo dieci anni di carriera avevo vinto una classica prestigiosa”. Per la Svizzera ma soprattutto per il Ticino fu una giornata memorabile: mai nessun corridore nato al Sud delle Alpi aveva vinto prima di quel giorno una“monumento”.
Per la cronaca: Bugno e Bartoli arrivarono sfiniti a oltre 15 secondi di ritardo.


La replica in Olanda
Mauro Gianetti, l’outsider, l’improbabile svizzero che vince una classica, sale prepotentemente alla ribalta e diventa uno degli uomini da battere all’Amstel Gold Race, la corsa della birra, che si corre una settimana dopo.


“Mi sentivo un leone – afferma il ticinese – E sapevo che adesso mettevo paura a tutti. Ma non me ne curai. Quel giorno a Maastricht partii con la convinzione di fare il bis”. Detto fatto, il corridore della Polti si lancia all’attacco con un gruppetto di coraggiosi e a una trentina di chilometri dal traguardo resta solo con Davide Cassani. L’italiano, futuro CT della nazionale azzurra, decise di non collaborare perché dietro ad inseguire c’era il suo capitano Bugno.  “Non feci caso all’atteggiamento tattico di Davide. Lo capivo, avrei fatto la stessa cosa. Quindi mi misi a tirare e lui si mise a ruota, stanco per il ritmo che gli avevo imposto. Stavo benissimo e allo sprint seppi sfruttare un suo clamoroso errore: partì da lontano, gli restai incollato e poi lo superai di poco negli ultimissimi metri. Faccio notare che Cassani era più forte di me in volata! E anche quella fu una bella sorpresa”. Il trionfo elvetico fu impreziosito dal terzo posto di Beat Zberg, che regolò un gruppetto a 27 secondi.


M.A.

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