LUGANO – Siamo a inizio ottobre e come spesso accade, quando arriva questo mese, dalle parti della Cornèr Arena si iniziano a sentire i mugugni. Sì perché nell’arco degli ultimi 12 anni – ad essere buoni – quando l’estate saluta le nostre latitudini, l’HCL spesso e volentieri incontra difficoltà enormi. Alcuni esempi? Nel 2010 a Langnau arrivò un 9-1 tremendo. 12 mesi dopo, ecco lo 0-9 di Kloten che portò alle dimissioni di Barry Smith. Saltando di qualche annata, ecco l’addio rifilato a Patrick Fischer nel 2015, dopo un avvio di stagione da brividi. Lo scorso anno toccò a McSorley salutare le rive del Ceresio, mentre sulla panchina dell’HC Lugano arrivò Luca Gianinazzi. Fateci caso, sono sempre stati gli head coach a pagare dazio. Una volta si diceva che un determinato allenatore “non avrebbe mangiato il panettone”… a Lugano sembrerebbe già un’impresa gustare qualche castagna…
Certo, cambiare l’head coach è la cosa più semplice da fare, la più immediata, quella che – si spera – possa portare un’ondata di aria fresca nello spogliatoio e ridare brio a un gruppo che, però, spesso e volentieri è il problema di se stesso. Come dicevamo, è molto più facile cambiare un allenatore che 7-8 giocatori, ma guardando il Lugano sceso in pista con i Lions e contro il Rapperswil, ci sarebbe da cambiarne almeno una dozzina. Lo scorso anno quando venne allontanato McSorley, si disse che era stato un errore prenderlo e confermarlo – e allora perché venne preso e confermato? – e Hnat Domenichelli dichiarò che Gianinazzi sarebbe stato l’ultimo head coach del Lugano sotto la sua gestione. Sarà di parola?
La domanda è lecita, perché in questo momento il Lugano è dodicesimo, con gli stessi punti di Langnau 13°, e se fino alla trasferta di Kloten – eccezion fatta per la sfida con lo Zurigo – i bianconeri avevano creato, avevano giocato ed erano stati puniti da errori individuali, contro il Rapperswil si è “vista” una squadra che definire gruppo è un eufemismo. Vincere il solito derby non basta, non basta alla classifica e non basta più neanche ai tifosi… chiedersi poi perché la Cornèr Arena è quasi sempre mezza vuota è alquanto sciocco. La risposta arriva direttamente dal ghiaccio.
La colpa è di Gianinazzi? Guardando l’andazzo degli ultimi anni, verrebbe da dire di no. Il vero rischio che il Lugano si è preso è quello di bruciare un head coach giovane, bravo e preparato. Sì perché se la squadra non ingrana, se “gioca” contro voglia, se non ci mette impegno, il tutto va a influire sul curriculum e sulla carriera di un allenatore che da solo può fare poco. Arrivasse un nuovo ribaltone tecnico sarebbe l’ennesimo passo falso della società, poco forte al cospetto del gruppo squadra, ma questo potrebbe preservare la figura di Gianinazzi. Tenerlo, senza fare nulla, senza far sentire il polso alla squadra, potrebbe essere controproducente per l’head coach.
Certo, siamo solo a inizio campionato, ma le statistiche, i numeri, le abitudini dalle parti dell’ex Resega, fanno sorgere dubbi e domande. Insomma: Lugano, se in 9 partite hai ottenuto 9 punti, di chi è la colpa?