BERNA – Mentre cresce lo scetticismo tra i cittadini e numerosi esperti mettono in guardia contro i rischi di una svendita della sovranità svizzera, Ignazio Cassis sceglie di indossare i panni del difensore d’ufficio degli accordi con l’Unione Europea. In una recente intervista, il consigliere federale ha definito "fondamentale" l'approccio del governo, rigettando le critiche e accusando chi solleva dubbi di “minare la coesione nazionale”.
Una dichiarazione che suona come una beffa per chi ancora crede nell’indipendenza del nostro Paese. La “coesione nazionale” non si costruisce mettendo in vendita l’autonomia giuridica, economica e politica della Confederazione sul mercato di Bruxelles. Al contrario: l’identità svizzera si difende proprio opponendosi a un’eccessiva integrazione che ci trasformerebbe in una colonia di fatto dell’UE.
Cassis continua a parlare di “pragmatismo” e “realismo”, ma sembra ignorare la lezione del 1992, quando il popolo svizzero rifiutò l’ingresso nello SEE proprio per evitare una simile perdita di controllo. La differenza è che oggi si tenta di far passare dalla finestra ciò che i cittadini hanno cacciato dalla porta.
Se davvero vogliamo garantire prosperità e sicurezza alla Svizzera, dobbiamo ripartire dai valori che hanno fatto grande questo Paese: neutralità, autodeterminazione e democrazia diretta. Non saranno certo i diktat europei a rafforzarci — ma la nostra capacità di dire di no, quando è necessario.