Sport, 23 maggio 2023

“Un rimpianto? Non aver giocato con l’Uruguay...”

Il capitano bianconero Jonathan Sabbatini si racconta

LUGANO - Capitan Jonathan Sabbatini sarà bianconero ancora per un anno. Poi potrebbe cambiare mestiere ed occuparsi dello scouting della società luganese. Ma questo è un discorso che verrà affrontato più avanti. Ora l’uruguaiano è concentratissimo con i compagni di squadra sul finale di stagione: dapprima con le ultime partite di campionato e poi con la finalissima di Coppa Svizzera (contro l’Young Boys). 


EMIGRANTE: “Mio padre Giulio è partito per l’Uruguay all’eta di 18 anni. È nato a Jesi, come Roberto Mancini. Quando è arrivato a Paysandu, cittadina della provincia, ha conosciuto mia madre Carla, che da giovane giocava a calcio. Ma in quel periodo in Uruguay alle donne non era permesso avere troppe ambizioni, anche in campo sportivo”.


URUGUAY: “Avevo sentito dire che lo chiamavano la Svizzera del Sudamerica. E i vecchi raccontano che era effettivamente così. Il mio paese ora è diverso, molto cambiato, è più povero: ma è certamente uno dei meno...peggio del Continente. Sono mezzo italiano e mezzo uruguaiano ma nel mio cuore prevale un forte sentimento per l’Uruguay”.


FUTURO: “Non so se tornerò a Paysandu quando sarò più vecchio. Qui a Lugano ho costruito una famiglia, ho due figli e pure una casa a Canobbio. Mi trovo benissimo e i miei bambini, quando chiedo loro se vogliono andare in Uruguay, mi rispondono senza indugi “sì, ma solo in vacanza”. 


OSCAR TABAREZ: “ È un idolo in Uruguay. Un vero maestro: di calcio e di vita. Sta lottando contro una malattia rara ma non molla: vorrebbe addirittura tornare in panchina. Gli dobbiamo molto. Con lui la Celeste è tornata ai vertici del calcio internazionale”. 



TUTTI FUORI: “In Uruguay il calcio è autentica passione, anche se oggi i migliori calciatori giocano all’estero. Mi ricordo che quando militavo nel Liverpool di Montevideo, prima di andare in Italia, i giocatori con maggior talento avevano le valigie pronte per partire...”


FC LUGANO: “Sono 12 anni che indosso la maglia bianconera. Devo molto a questo club. Ma non è sempre stato facile. Adesso va tutto bene: siamo i detentori della Coppa, siamo fra i più bravi in campionato e giochiamo anche i tornei europei. Ci sono stati tuttavia dei momenti in
cui non funzionava nulla o poco. Prima di conquistare la promozione in Super League nel 2015, abbiamo penato”.


RENZETTI: “Angelo è stato fondamentale per la mia carriera e lo ringrazio di cuore. È stato lui che mi ha portato da Chieti in Svizzera. Mi ha dato fiducia, nonostante nella mia breve esperienza italiana (Frosinone, Lanciano e appunto Chieti) avessi riscontrato problemi di adattamento al sistema di gioco e all’ambiente”.


COPPA SVIZZERA: “Vorrei rivincerla ancora una volta. Sarà dura, anche se nello sport le sorprese sono dietro l’angolo. La finale Young Boys-Lugano la paragono a Manchester City-Inter di Champions League. Con un chiaro favorito e un outsider che prova a rovesciare i pronostici. Noi siamo pronti, venderemo cara la pelle”


MATTIA BOTTANI: “Un amico. Ma in questi anni ho costruito relazioni professionali e umane molto solide anche con altri compagni, soprattutto con quelli della vecchia guardia: Russo, Padalino, Rey, Piccinocchi, Tosetti. E aggiungerei anche Daprelà”.


CONTRATTO: “Il rinnovo del contratto mi ha fatto enormemente piacere. In futuro avrò la possibilità di occuparmi dello scouting. Sabbatini allenatore? Farò il corso Uefa con Livio Bordoli. In questo momento però non ci penso, mi vedo come talent scout”.


CROCI TORTI: “Ha sempre avuto un ottimo rapporto con noi giocatori. Ha fatto per anni il secondo e questo lo ha messo nelle condizioni ideali per costruire un buon feeling con i calciatori. Il tutto nel rispetto dei ruoli. Io, per esempio, lo chiamo Mister, come si conviene. Croci Torti è uno degli artefici della crescita del Lugano”. 


RIMPIANTO: “Ho un solo rimpianto a livello calcistico. Di non aver mai indossato la maglia dell’Uruguay, il sogno di ogni bambino del mio paese. Sono stato convocato una volta in una selezione giovanile, ma non è la stessa cosa”.

MAURO ANTONINI

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