È una storia da far accapponare la pelle quella di Eric LeMarque, un ex giocatore di hockey che ha rischiato di perdere la vita due volte. A causa del consumo di droga prima e per un infortunio in montagna poi. Due situazioni molto diverse l’una dall’altra, e dalle quali il franco-americano riuscirà ad uscire con grande spirito di sacrificio. La sua vicenda, per certi versi triste e rocambolesca, è stata raccontata anche da un film “L’ultima discesa” che svela i drammi interiori di questo ex discatore, che raggiunge il top della sua carriera a metà degli Anni Novanta del secolo scorso, quando partecipa con la Francia ai Giochi olimpici di Lillehammer (1994) e ai Mondiali del 1994 e del 1995.
Sono gli anni migliori anche se, come dirà più tardi, il fatto di non essere riuscito a sfondare nella National Hockey League gli aveva provocato una profonda delusione. Venne infatti selezionato nel 1987 durante il draft dai Boston Bruins ma non indossò mai la maglia del glorioso club statunitense. Nel 1990 passa l’Oceano Atlantico e sbarca in Francia, nel Briancon, la massima serie, un campionato che non è certamente fra i più accreditati del continente. Poi gioca anche a Rouen, a Brest e infine nella Seconda Lega tedesca. Passaggi fra alti e bassi, senza mai veramente incidere. La sua carriera termina poi con gli Arkansas Glaciercats nel 1999. Il suo rientro agonistico in patria si rivela infatti insoddisfacente. Per questo decide di smettere. Sono anni difficili per il centro offensivo: da qualche tempo fa uso di stupefacenti e cade in depressione. La solitudine diventa la sua casa.
Eric LeMarque non si è però dimenticato di un suo vecchio amore, lo snowboard. Quando si regge in piedi, quando non è vittima dei suoi vizi, prova ad esercitarsi sulle montagne della Sierra Nevada, la catena montagnosa che si estende dalla California al Nevada. Sono cime impervie, sulle quali non bisogna mai perdere la bussola. Il 6 febbraio del 2004 Eric, sempre alla ricerca di qualcosa che lo mantenga vivo, prova una discesa fuoripista e senza accorgersene si ritrova completamente isolato: incapace di gestire la propria vita, debole e fragile dal punto di vista psicologico, il giocatore di hockey riscopre
Sono gli anni migliori anche se, come dirà più tardi, il fatto di non essere riuscito a sfondare nella National Hockey League gli aveva provocato una profonda delusione. Venne infatti selezionato nel 1987 durante il draft dai Boston Bruins ma non indossò mai la maglia del glorioso club statunitense. Nel 1990 passa l’Oceano Atlantico e sbarca in Francia, nel Briancon, la massima serie, un campionato che non è certamente fra i più accreditati del continente. Poi gioca anche a Rouen, a Brest e infine nella Seconda Lega tedesca. Passaggi fra alti e bassi, senza mai veramente incidere. La sua carriera termina poi con gli Arkansas Glaciercats nel 1999. Il suo rientro agonistico in patria si rivela infatti insoddisfacente. Per questo decide di smettere. Sono anni difficili per il centro offensivo: da qualche tempo fa uso di stupefacenti e cade in depressione. La solitudine diventa la sua casa.
Eric LeMarque non si è però dimenticato di un suo vecchio amore, lo snowboard. Quando si regge in piedi, quando non è vittima dei suoi vizi, prova ad esercitarsi sulle montagne della Sierra Nevada, la catena montagnosa che si estende dalla California al Nevada. Sono cime impervie, sulle quali non bisogna mai perdere la bussola. Il 6 febbraio del 2004 Eric, sempre alla ricerca di qualcosa che lo mantenga vivo, prova una discesa fuoripista e senza accorgersene si ritrova completamente isolato: incapace di gestire la propria vita, debole e fragile dal punto di vista psicologico, il giocatore di hockey riscopre
in quei drammatici momenti di avere un’anima e una determinazione incredibili. Per otto giorni gira a vuoto nei boschi: ha un cellulare quasi scarico con sè, una scatola di fiammiferi ed una piccola radio. Eric lotta per la vita: a temperature polari (anche meno 15 gradi) ha la forza per camminare fra la neve che gli arriva sino alle ginocchia e sfidare un branco di lupi che vorrebbe sbranarlo. Riesce pure a mandare un segnale dalla sua radio e le squadre di soccorso, allarmate da sua mamma, riescono a recuperarlo appena in tempo. Le Marque è vivo ma malconcio. A causa del congelamento gli vengono amputate le due gambe sotto le ginocchia: una brutta botta. Ma lui non molla. Grazie a quella incredibile avventura trova un motivo per lottare e vivere.
Anni dopo, intervistato dalla CBS, l’ex hockeista parlerà di questa straordinaria battaglia per la vita, durante la quale vide in faccia la morte:“ Non ho incontrato Dio sulla montagna, ma la morte rude e ridente. Dal secondo giorno sino alla fine mi ha assillato con la sua falce, mi ha seguito. Ha cercato di farmi perdere la speranza, di togliermi la vita. L’incontro con quello spirito maligno, con il suo vento, mi ha fatto venire i brividi. In quei giorni ho lottato contro di lei, cercando in ogni istante un modo per migliorare la mia condizione”.
Malgrado abbia salvato strenuamente la propria vita, Eric ha perso l’uso delle gambe. “Ricordo ancora il momento in cui il medico dell’ospedale di Mammoth ha usato il dispositivo per verificare il movimento del sangue nei vasi sanguigni delle gambe. Ho visto l’espressione sul suo viso, poi mi ha detto che non c’era vita nei miei piedi. Il mondo mi è crollato addosso ma poi capito che era riuscito ad evitare il peggio e che avrei dovuto ripartire da lì, per riprendermi la mia vita e trovare soddisfazioni. Ho capito gli errori che avevo commesso in passato. Mentre vivevo non mi rendevo conto della gravità della mia situazione, e in particolare dai pericoli rappresentati dalla droga”.
Oggi Eric LeMarque gira in America, dove tiene conferenze ed è pure motivatore per giovani sportivi e persone in difficoltà.
JACK PRAN