Sport, 29 luglio 2022

Gianluca Pessotto, il dramma di un calciatore perduto

Nel 2006 tentò il suicidio gettandosi dall’abbaino della sede della Juventus

TORINO (Italia) - Il 27 giugno 2006 l’Italia calcistica è nella bufera: l’inchiesta dei magistrati ha appena scoperchiato un sistema di corruzione al capo del quale c’è il direttore generale della Juventus Luciano Moggi. Il club torinese è in cima alla lista delle indagini. Il 27 giugno 2006 la nazionale diretta da Marcello Lippi si sta preparando per i quarti di finale contro l’Ucraina. Prima di mezzogiorno, improvvisamente, il Belpaese è scosso da una brutta notizia: Gianluca Pessotto, difensore esterno bianconero, si è gettato dalla sede del club e le sue condizioni sono critiche. Ha gravi contusioni ovunque. Si parla di suicidio ma nessuno sa esattamente cosa sia successo.


Le ipotesi si accavallano, secondo alcuni potrebbe trattarsi di un gesto estremo provocato da problemi con la moglie. Altri invece parlano di una crisi dovuta alla fine della sua carriera di calciatore. Altri di una malattia appena diagnosticata. Chissà. Intanto il giocatore è in coma e i medici lo operano alle parti più lese dalla caduta. Ci vorrà un mese e mezzo prima che venga dichiarato fuori pericolo. Alla fine, Pessotto torna alla normalità, anche se le ferite di quel tentato suicidio (che verrà in seguito confermato) non sono del tutto rimarginate. Oggi l’ex juventino lavora nel settore giovanile del club e sembra una persona rinata. Di certo, quel 27 giugno, Gianluca Pessotto era un uomo perduto, solo con i suoi (brutti) pensieri.


“Un anno dopo il mio incidente – dirà Gianluca Pessotto in una puntata di Mixer – ho iniziato a lavorare da dirigente nella Juventus. Ogni giorno entravo ed uscivo dalla stessa palazzina dalla quale mi ero gettato. Mi rendevo conto che era difficile ma dovevo farlo. Così avrei superato le mie debolezze e le mie fragilità”. L’ex bianconero si ricorda ancora il giorno in cui riprese a camminare: il 30 settembre del 2006. Poi andò allo stadio e il pubblico di Torino gli riservò un lunghissimo applauso. Per lui stava ricominciando la vita. Anzi: iniziava una seconda vita. Sempre a Mixer: “Ho temuto di restare menomato, ma dentro di me non ho mai smesso di credere nella guarigione. Ma soprattutto pensai: ma come ho fatto a salvarmi? E allora dico che una mano dal cielo mi ha preso per i capelli e mi ha strappato alla morte”. 



Di quella caduta Pessotto parla senza certezze. “Quando ho saputo che avevo tentato di suicidarmi mi sembrò tutto così strano. Non mi ricordavo nulla o forse non ci volevo credere. Ne parlai molto con gli psicologi ed ogni tanto qualche dubbio mi veniva alla mente. Poi però entrai in crisi e non mangiai per alcuni giorni. Ero addolorato. Col tempo però ho superato anche questa pesante difficoltà”. Di certo Gianluca Pessotto ha visto in faccia la morte e il fatto di averla schivata lo ha reso più consapevole e più forte. A distanza di anni è andato ancora dallo psicologo, secondo il quale l’ex bianconero è uscito bene dalla crisi che ha provocato una grossa sofferenza psichica, a lui ed ai famigliari. “Quando ho rivisto le mie bambine ho capito che avevo ancora un grossa e bellissima missione da compiere su questa terra. Ero felice”.


Subito dopo aver vinto il titolo mondiale nel 2006, alcuni giocatori della nazionale azzurra, fra i quali capitan Fabio Cannavaro, portarono in ospedale la Coppa all’ex compagno di squadra Gianluca Pessotto. Il tutto in un clima festoso. All’entrata della struttura medica c’erano almeno tremila persone ad attendere i giocatori. Pessotto si commosse. “Credo che i primi a commuoversi, in realtà, furono i miei compagni. Il solo fatto di vedermi ancora vivo li rese emotivamente vulnerabili. Ero felice della loro presenza”.


JACK PRAN

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