Svizzera, 23 marzo 2022

Telelavoro a rischio per i frontalieri impiegati a Ginevra

I lavoratori frontalieri impiegati a Ginevra, fra cui si contano migliaia di cittadini svizzeri, rischiano di non poter più lavorare da casa. In causa è un accordo fiscale siglato tra la Svizzera e la Francia nel 1996, in scadenza il prossimo 31 marzo. L'accordo, che doveva essere provvisorio, può essere prolungato fino al 31 giugno ma, al più tardi dal primo luglio, un lavoratore frontaliero impiegato a Ginevra non potrà più lavorare dal suo domicilio. O almeno se per allora non si troverà una soluzione tra le autorità elvetiche e francesi.

Durante la pandemia, nel maggio 2020, era stata trovata e prorogata più volte una soluzione provvisoria per permettere il telelavoro dei lavoratori frontalieri, una deroga temporanea alla convenzione fiscale del 1966 tra Francia e Svizzera, secondo la quale i lavoratori transfrontalieri impiegati nel canton Ginevra sono tassati nel paese in cui lavorano, cioè alla fonte. Questa è un'eccezione per Ginevra, poiché nei cantoni di Vaud, Vallese, Neuchâtel e Giura, i lavoratori frontalieri sono tassati nel loro luogo di residenza. 


"Senza una soluzione permanente, saremmo obbligati a sospendere il telelavoro", ha avvertito il responsabile delle finanze del cantone, la consigliera di Stato Nathalie Fontanet, citata da "20 minutes". Senza un accordo duraturo, ci sarebbero molti ostacoli per i lavoratori frontalieri che lavorano da casa: da un lato, la tassazione sarebbe divisa tra i due paesi, il che comporterebbe difficoltà amministrative; dall'altro, la legge non autorizza un datore di lavoro svizzero a detrarre la ritenuta alla fonte francese. "Abbiamo ricevuto conferma dalla Confederazione che questo è vietato", ha spiegato Fontanet.

Sia le autorità che gli imprenditori non vogliono fare a meno del lavoro a distanza, "che è diventato parte della norma e ha costituito un cambiamento di abitudine molto importante per la nostra regione durante la pandemia", ha detto il presidente del governo ginevrino Serge Dal Busco. Per lui, vietarlo "sarebbe un disastro in termini di mobilità". Secondo gli ultimi dati disponibili, a Ginevra sono attivi 96'000 frontalieri e secondo le stime più della metà, 54'000, ha lavorato almeno in parte dal proprio domicilio nel 2020.

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