Sindaco, ci spieghi innanzitutto come è avvenuto l’approccio a questa disciplina spotiva.
L’attimo in cui ho conosciuto il tennis tavolo o ping pong risale ad un annuncio su un giornale scritto dalla STTL che invitava gli interessati a provare questo sport. Come altri ho voluto cominciare ad usare la racchettina nella sede provvisoria del club che era situata addirittura in una grande sala al Consolato Italiano in via Dufour. È stato amore a prima vista, sin dai primi colpi ho provato sensazioni stupende e quindi ho deciso di continuare. A partire dai 13 anni, proprio in concomitanza con l’inizio delle scuole, ho capito che questo era il mio sport, di conseguenza mi sono allenato intensamente fino a disputare delle gare ufficiali ed a vincere. Poi, si sa, i successi accrescono la voglia di essere uno dei protagonisti.
Il ping pong insomma è entrato nelle sue corde.
In quella fase della mia crescita questa disciplina rappresentava davvero molto. Come detto, allenandomi e giocando parecchio ho cominciato a vincere diversi titoli ticinesi giovanili e sono stato pure selezionato per la nazionale svizzera juniores che ovviamente mi ha permesso di misurarmi a livelli ancora più alti. Per me era come toccare il cielo con un dito, mi sentivo felice e realizzato, anche sul piano della personalità. Nel mondo del tennis tavolo ho creato una serie di amicizie bellissime sia a livello ticinese che svizzero. Inoltre in quegli anni ho potuto viaggiare molto e questo mi ha permesso di fare studiare le varie realtà locali.
Parliamo della sua società di appartenenza: la STT Lugano in 50 anni di esistenza ha avuto oltre 600 persone (tra atleti, dirigenti ed allenatori) al suo servizio, mica poco…
Assolutamente, un club che è cresciuto giocando in varie sedi prima di poterne avere una definitiva nell’ex deposito della nettezza urbana in via Al Chioso a Lugano. Una società seria nella quale era bello giocare perché sentivi veramente la passione di tutti. Ti seguivano e ti consigliavano su ogni dettaglio. Una grande famiglia, senza ombra di dubbio.
Il tennis tavolo non è uno sport facile come qualcuno potrebbe pensare,almeno quando si gioca a determinati livelli.
Destrezza, colpo d’occhio e velocità, completata da una ovvia buona condizione fisica, queste le doti principali per emergere.
E aggiungo pure grande concentrazione, perché altrimenti ogni minimo dettaglio, ogni più piccolo errore può costar caro e vanificare tentativo il tentativo di sorprendere l’avversario. Tutto diventa molto più difficile. In questo sport devi saper fare tutto con rapidità, gli scambi spesso durano poco e quindi ti devi concentrare al massimo per capire come fare il punto. Inoltre, come detto prima, la condizione fisica è basilare per sopportare la pressione agonistica, i continui spostamenti da destra a sinistra. Può anche accadere che, alla fine di una o due partite, si possa perdere anche 3-4 chili.
Da quello che si può capire, il tennis tavolo è uno degli sport più dispendiosi fisicamente...
Da quello che si può capire, il tennis tavolo è uno degli sport più dispendiosi fisicamente...
Sarebbe eccessivo dire così, comunque chi non gioca ad un certo livello non può rendersi conto quanto sia dispendiosa e difficile questa disciplina.
Nei sette anni che lei ha giocato per la STTL ha un ricordo che conserva nel suo cuore?
Difficile rispondere, soprattutto perché momenti bellissimi ce ne sono stati tanti. Forse l’occasione di conoscere avversari anche valorosi; ogni appuntamento era indimenticabile, non ho particolari preferenze.
Con la STTL ha avuto modo di giocare anche con un compagno illustre, Claudio Zali. Il destino ha poi voluto che voi due diventaste pure Consiglieri di Stato.
Un ottimo compagno di squadra, non ricordo però se abbiamo giocato nel doppio. Era in gamba, lui ha continuato dopo di me ma dal punto di vista tecnico penso di essere stato un po’ più bravo di lui...( ride, ndr). Di certo non avremmo immaginato che un giorno avremmo entrambi varcato la porta del Palazzo delle Orsoline. Siamo oltretutto grandi amici ed abbiamo condiviso tanti momenti anche non professionali.
Quando ha raggiunto il ventesimo anno d’età, lei ha smesso, come mai?
Ho capito che dovevo voltare pagina, oltretutto gli studi universitari miprendevano molto. Con il passare del tempo mi è mancato l’entusiasmo, anche se di tanto in tanto giocavo ancora. La mia racchettina l’ho comunque lasciata ad un’asta di beneficienza.
Come mai il tennistavolo non fa, ancora oggi, presa sulla massa dal punto di vista mediatico?
Dobbiamo dire che questo sport non “luccica” come il disco su ghiaccio o il calcio o il basket, i giovani sono attratti altrove. Gli sport cosiddetti poveri hanno sempre avuto vita difficile e devono sudare moltissimo per riuscire a ritagliarsi un po’ di spazio sui giornali. Peccato perché lo spettacolo lo si può vedere anche in questi contesti.
Il tennis tavolo come è messo in Ticino?
La STT Lugano sta molto bene e spesso è protagonista in LNA, il team è molto competitivo. Il problema sta alla base, ossia il numero degli affiliati soprattutto nel settore giovanile. Nel nostro cantone bisognerebbe fare un lavoro in profondità. Sono sicuro che ci sono giovani talenti che possono far bene.
A Marco Borradori piace l’attività agonistica e fisica. In generale, sport sinonimo di buona forma fisica?
È una sorta d’investimento anche e soprattutto per la salute attuale e futura visto che gli anni passano per tutti. Lo sport è una sorta di valvola di sfogo perché mi permette di dimenticare i problemi del lavoro. Sento grandi benefici, è come un rifornimento di energie..
GIANNI MARCHETTI
Nei sette anni che lei ha giocato per la STTL ha un ricordo che conserva nel suo cuore?
Difficile rispondere, soprattutto perché momenti bellissimi ce ne sono stati tanti. Forse l’occasione di conoscere avversari anche valorosi; ogni appuntamento era indimenticabile, non ho particolari preferenze.
Con la STTL ha avuto modo di giocare anche con un compagno illustre, Claudio Zali. Il destino ha poi voluto che voi due diventaste pure Consiglieri di Stato.
Un ottimo compagno di squadra, non ricordo però se abbiamo giocato nel doppio. Era in gamba, lui ha continuato dopo di me ma dal punto di vista tecnico penso di essere stato un po’ più bravo di lui...( ride, ndr). Di certo non avremmo immaginato che un giorno avremmo entrambi varcato la porta del Palazzo delle Orsoline. Siamo oltretutto grandi amici ed abbiamo condiviso tanti momenti anche non professionali.
Quando ha raggiunto il ventesimo anno d’età, lei ha smesso, come mai?
Ho capito che dovevo voltare pagina, oltretutto gli studi universitari miprendevano molto. Con il passare del tempo mi è mancato l’entusiasmo, anche se di tanto in tanto giocavo ancora. La mia racchettina l’ho comunque lasciata ad un’asta di beneficienza.
Come mai il tennistavolo non fa, ancora oggi, presa sulla massa dal punto di vista mediatico?
Dobbiamo dire che questo sport non “luccica” come il disco su ghiaccio o il calcio o il basket, i giovani sono attratti altrove. Gli sport cosiddetti poveri hanno sempre avuto vita difficile e devono sudare moltissimo per riuscire a ritagliarsi un po’ di spazio sui giornali. Peccato perché lo spettacolo lo si può vedere anche in questi contesti.
Il tennis tavolo come è messo in Ticino?
La STT Lugano sta molto bene e spesso è protagonista in LNA, il team è molto competitivo. Il problema sta alla base, ossia il numero degli affiliati soprattutto nel settore giovanile. Nel nostro cantone bisognerebbe fare un lavoro in profondità. Sono sicuro che ci sono giovani talenti che possono far bene.
A Marco Borradori piace l’attività agonistica e fisica. In generale, sport sinonimo di buona forma fisica?
È una sorta d’investimento anche e soprattutto per la salute attuale e futura visto che gli anni passano per tutti. Lo sport è una sorta di valvola di sfogo perché mi permette di dimenticare i problemi del lavoro. Sento grandi benefici, è come un rifornimento di energie..
GIANNI MARCHETTI