Il divieto di dissimulare il volto in pubblico che sarà messo in votazione in Svizzera il 7 marzo è solo in minima parte una misura di sicurezza ma è principalmente una scelta di civiltà necessaria a salvaguardare l’esigenza minima della relazione sociale e del “vivere assieme”, e dunque non infrange i diritti dell’uomo, come del resto nel 2014 aveva stabilito la Corte europea dei diritti dell’uomo esprimendosi sulla legge francese contro la dissimulazione del volto nello spazio pubblico entrata in vigore l’11 aprile 2011.
Un controprogetto che aggira il problema
Purtroppo il Consiglio federale e la maggioranza del Parlamento nazionale non hanno avuto il coraggio di sostenere l’iniziativa popolare che perseguiva questo obiettivo, e hanno deciso di contrapporle un controprogetto indiretto , secondo cui l’obbligo di mostrare il viso scatterebbe solo quando un funzionario federale o cantonale lo richiedesse per verificare l’identità della persona. Una misura minimalista che non contribuirebbe in alcun modo a evitare il diffondersi del velo integrale, come successo in molti altri Paesi europei. .
A suo tempo anche il Governo francese aveva esaminato la possibilità di introdurre solo dei divieti parziali di dissimulare il volto, limitandoli a certi luoghi, o a certi periodi o all’uso di certi servizi. Ma poi aveva optato per un divieto generale, spiegando che l’opzione di un divieto minimalista era stata scartata in quanto “una soluzione del genere , oltre a creare grossi problemi di applicazione, avrebbe costituito una risposta insufficiente, indiretta e fuorviante al vero problema”, che era ovviamente il velo integrale islamico .
E’ vero che il nuovo articolo costituzionale proposto dall’iniziativa popolare non cita espressamente il velo integrale , ma anche i sassi hanno capito che proprio quello è il bersaglio principale, come dimostrano anche i manifesti pubblicitari a favore dell’iniziativa. A questo proposito è utile precisare che il testo costituzionale proposto dall’iniziativa federale ha ripreso quello che i ticinesi avevano già approvato nel 2013, con l’unica differenza che nel testo federale sono state inserite direttamente le eccezioni al divieto, e ciò per evitare che il Parlamento federale o quelli cantonali potessero aggirare l’ostacolo ampliando tali eccezioni ed estendendole ad esempio alle turiste. Il testo costituzionale approvato dai ticinesi era stato a sua volta ripreso dalla legge francese. Anche in questa legge non v’era alcun riferimento esplicito al velo integrale, e ciò per evitare che i giudici potessero annullare la legge considerandola “discriminatoria” verso le donne musulmane.
Il bersaglio esplicito del Governo francese era il velo integrale
Ecco perché in Francia, e di riflesso in Ticino, si era saggiamente optato per un divieto generale di dissimulare il volto, valido per donne e per uomini di qualsiasi religione. Ma comunque il Governo francese, nel suo rapporto che accompagnava il progetto di legge, era stato molto esplicito nello spiegare che il vero bersaglio del divieto era il velo integrale . Per il Governo la sua diffusione andava bloccata anche se il fenomeno era ancora limitato, e ciò non solo nell’interesse delle