Svizzera, 01 dicembre 2020
"L'islam politico sia un reato anche in Svizzera"
La Svizzera dovrebbe seguire l'esempio dell'Austria e introdurre a sua volta il reato di islam politico. Ne è convinto il Consigliere nazionale Lorenzo Quadri che martedì ha inoltrato una mozione al Consiglio federale in cui si chiede di introdurre il reato di islam politico. Questo perchè la Svizzera "non può più fingere di essere un'isola felice" alla luce di quanto accaduto recentemente a Morges e a Lugano.
Secondo Quadri "gli strumenti legali attualmente a disposizione in Svizzera per combattere l’estremismo islamico sono insufficienti" e in questo ambito l'islam politico rappresenta "un pericolo per la sicurezza interna della Svizzera. A salvaguardia di questa sicurezza, va messo fuori legge. Le associazioni che lo diffondono vanno proibite e le moschee ed i 'centri culturali' dove viene predicato vanno chiusi. Le persone che lo diffondono, se straniere, vanno espulse dalla Svizzera". Oltre a queste misure, i flussi finanziari dall'estero che alimentano l'estremismo islamico dovrebbero essere interrotti.
Di seguito il testo integrale della mozione di Lorenzo Quadri:
Mozione al Consiglio federale
L’islam politico sia un reato anche in Svizzera
Testo
Il Consiglio federale è incaricato di presentare un disegno di legge, sul modello di quello proposto dal governo austriaco, per introdurre in Svizzera il reato di islam politico.
Motivazione
Il governo austriaco intende introdurre il reato di islam politico. L’islam politico non è di per sé terrorismo, è però il terreno su cui il terrorismo prospera.
La Svizzera non può più fingere di essere un’isola felice: in poco più di due mesi, si sono registrati due attentati terroristici di matrice islamista, a Morges ed a Lugano. A Morges è morta una persona, a Lugano c’è mancato

poco.
Gli strumenti legali attualmente a disposizione in Svizzera per combattere l’estremismo islamico sono insufficienti. Ciò vale anche per le modifiche legislative varate nella sessione autunnale delle Camere federali, tra l’altro sottoposte a referendum.
L’islam politico costituisce, a non averne dubbio, un pericolo per la sicurezza interna della Svizzera. A salvaguardia di questa sicurezza, va messo fuori legge. Le associazioni che lo diffondono vanno proibite e le moschee ed i “centri culturali” dove viene predicato vanno chiusi. Le persone che lo diffondono, se straniere, vanno espulse dalla Svizzera.
I flussi finanziari in arrivo dall’estero, vale a dire da Paesi dove vige l’islam politico, che vanno ad alimentarne la diffusione in Svizzera, devono essere interrotti.
Lo Stato necessita della base legale per poter intervenire in questi ambiti.
La libertà di associazione, come tutte i diritti costituzionali, può essere limitata se esiste una base legale, un interesse pubblico, e se la limitazione è proporzionata. Vietare le associazioni che diffondono l’islam politico, incompatibile con lo Stato di diritto, è sicuramente nell’ interesse pubblico. Né si può parlare di una misura sproporzionata, considerando che il terrorismo islamico minaccia vite umane.
Neppure si può invocare la libertà di religione laddove quanto predicato non è religione, bensì un’ideologia pericolosa che crea terreno fertile per il terrorismo.
“La politica non solo ha sottovalutato, ma ha anche deliberatamente ignorato lo sviluppo dell’islamismo”, ha scritto l’attivista Saïda Keller-Messahli, fondatrice e presidente del Forum per un Islam progressista, insignita nel 2016 del Premio svizzero per i diritti umani. E’ pertanto urgente cambiare rotta, seguendo l’esempio austriaco.
Lorenzo Quadri
Consigliere nazionale
Lega dei Ticinesi