Mondo, 14 ottobre 2020

L'Azerbaigian colpisce nuovi obiettivi in Armenia, si teme un escalation del conflitto

L'Azerbaigian ha annunciato mercoledì di aver colpito siti di lancio di missili in territorio armeno, una prima che fa temere un'escalation del conflitto nella regione separatista del Nagorno-Karabakh.
Per il quinto giorno consecutivo, il cessate il fuoco negoziato in Russia e presumibilmente in vigore da sabato è rimasto lettera morta - nonostante i forti richiami sia da Mosca che dall'Occidente.

Per la prima volta l'esercito azerbaigiano ha addirittura annunciato di aver bombardato "sistemi di lancio di missili" dispiegati di notte sul territorio armeno. Secondo Baku, questi sistemi sono stati utilizzati per colpire l'Azerbaigian.

La portavoce del ministero della Difesa armeno ha confermato i tiri sul suo territorio, ma ha negato di aver l'intenzione di colpire aree civili in Azerbaigian. D'altra parte, l'esercito armeno "si riserva ora il diritto di mirare a qualsiasi installazione militare e movimento di combattimento sul territorio dell'Azerbaigian", ha avvertito.

In un'altra dichiarazione, l'esercito armeno ha accusato Baku di "cercare di ampliare la geografia del conflitto attaccando il territorio sovrano dell'Armenia".

I belligeranti si accusano a vicenda per queste nuove ostilità, che hanno già provocato oltre 600 morti, secondo un conteggio che però potrebbe essere molto più pesante, dal momento che l'Azerbaigian non riferisce di alcun caduto tra le sue truppe.

Il piccolo villaggio azerbaigiano
di Bakharly, vicino alla linea del fronte, è stato oggetto di un diluvio di fuoco mercoledì, ha riferito l'agenzia stampa AFP. Delle 800 famiglie che vi abitano, la maggior parte delle quali rifugiati fuggiti dal Nagorny Karabakh dopo la guerra degli anni Novanta, sono rimasti solo circa 100 uomini.

I mediatori internazionali, in particolare Turchia e Russia, sembrano impotenti nel protrarsi delle ostilità nella regione caucasica. Come riferito sempre da AFP, Ankara ha detto martedì che "è ora di trovare un nuovo meccanismo" per risolvere la questione del Nagorny Karabakh. Tali colloqui dimostrerebbero l'impotenza del Gruppo di Minsk, il mediatore storico del conflitto copresieduto da Russia, Francia e Stati Uniti, che esclude al momento la Turchia nonostante sia un attore importante della regione.

Mercoledì, il diplomatico russo Sergei Lavrov ha annunciato che Mosca è pronta a dispiegare "osservatori militari" lungo la linea del fronte per contribuire a garantire la tregua.

Oltre a una potenziale crisi umanitaria, la paura della comunità internazionale è che il conflitto possa internazionalizzarsi, con la Turchia ulteriormente accusata di aver inviato combattenti pro-turchi dalla Siria per combattere al fianco degli azeri.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha negato la loro presenza mercoledì: "Hanno già molto da fare nel loro Paese, non andranno" in Nagorno Karabakh, aveva detto in un discorso.

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