Il giudice unico del Tribunale di Polizia aveva assolto i dodici attivisti in primo grado, accettando l'argomentazione secondo cui gli attivisti agivano per stato di necessità invocato: l'urgenza del pericolo rappresentato dal cambiamento climatico giustificava l'azione, ritenuta proporzionata. Il verdetto fece discutere in tutta la Svizzera e il pubblico ministero presentò quindi ricorso contro la sentenza mentre Credit Suisse, dal canto suo, ha mantenuto la denuncia contro il gruppo.
Nel novembre 2018 i dodici attivisti erano entrati in una filiale del Credit Suisse a Losanna e avevano giocato una partita a tennis. Dopo l'arrivo della polizia, alcuni di loro si erano rifiutati di lasciare i locali e sono stati portati fuori a forza dagli agenti di polizia senza opporre resistenza, ma attaccati gli uni agli altri.
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I reati di violazione di domicilio, mancata richiesta di manifestare e opposizione all'autorità (resistenza fisica all'evacuazione da parte della polizia) sono stati ritenuti dal tribunale cantonale. La Corte d'Appello ha anche ritenuto che il giudice di primo grado aveva erroneamente riconosciuto, a gennaio, che gli atti degli imputati erano "legittimi perché giustificati da un pericolo imminente".
Le pene inflitte, con la sospensione della pena, sono state comunque inferiori a quelle originariamente richieste dal Ministero pubblico. Nel caso di due degli attivisti, essi saranno ancora più deboli perché hanno obbedito agli ordini della polizia di lasciare i locali.
Gli avvocati degli imputati avevano annunciato che, in caso di sentenza sfavorevole del tribunale cantonale, si sarebbero spinti fino al Tribunale federale o anche alla Corte europea dei diritti dell'uomo. La vicenda potrebbe quindi ancora durare parecchio tempo prima di dirsi definitivamente chiusa.
I reati di violazione di domicilio, mancata richiesta di manifestare e opposizione all'autorità (resistenza fisica all'evacuazione da parte della polizia) sono stati ritenuti dal tribunale cantonale. La Corte d'Appello ha anche ritenuto che il giudice di primo grado aveva erroneamente riconosciuto, a gennaio, che gli atti degli imputati erano "legittimi perché giustificati da un pericolo imminente".
Le pene inflitte, con la sospensione della pena, sono state comunque inferiori a quelle originariamente richieste dal Ministero pubblico. Nel caso di due degli attivisti, essi saranno ancora più deboli perché hanno obbedito agli ordini della polizia di lasciare i locali.
Gli avvocati degli imputati avevano annunciato che, in caso di sentenza sfavorevole del tribunale cantonale, si sarebbero spinti fino al Tribunale federale o anche alla Corte europea dei diritti dell'uomo. La vicenda potrebbe quindi ancora durare parecchio tempo prima di dirsi definitivamente chiusa.
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