Jörg da pilastro e grande giocatore del Lugano al settore giovanile dell’Ambrì Piotta. Mica poco…
La rivalità va bene quando ci sono in ballo le prime squadre, qui però parliamo di un progetto di un settore giovanile importante, il campanilismo non centra assolutamente nulla. Conta la formazione e la crescita dei ragazzi, il tutto per assicurare un solido futuro al club. Chissà: un domani li vedremo protagonisti nella massima divisione oppure nella NHL.
Qualcuno dice che con il Lugano non si è lasciato molto bene…
Non è assolutamente vero. Ho fatto come detto la mia esperienza come Direttore Sportivo e poi nel settore giovanile, ma nessuna polemica. Ho semplicemente ricevuto un’offerta molto interessante per lavorare nella Federazione e l’ho accettata. Serbo bellissimi ricordi dei bianconeri ma ora si trattava di accettare una nuova sfida; ho detto sì con entusiasmo!
Lei è stato l’ultimo direttore sportivo del Lugano a vincere un titolo…
Lasciamo stare le statistiche che, come si sa, lasciano aperta ogni discussione. Non vuole dire nulla né bisogna mandare assolutamente alcun messaggio al club bianconero, che è comunque sempre tra i migliori.
Cosa hanno significato i sette anni passati nella Federazione svizzera di hockey?
Ho avuto innanzitutto la possibilità di tastare il polso a diverse realtà hockeistiche elvetiche, così tanto per farmi delle idee precise. Ho continuato a visitare i vari club per capire e vedere la qualità dell’hockey nei vari settori giovanili. Quindi sono partito con un lavoro molto articolato per migliorare certi aspetti tecnici, tattici e mentali.
In questi anni il Lugano non le ha mai fatto nessuna offerta per farla tornare sulle rive del Ceresio?
No, non abbiamo mai parlato, anche perché stavo veramente bene in Federazione.
Quando il derby si disputerà alla Valascia, lei riuscirà a
restare impassibile di fronte alle emozioni che sapranno regalare sia HCAP che HCL?
In Federazione una delle prime cose che ho imparato è quella di evitare è di non fare il tifoso ma di lasciare il posto alla professionalità. Così farò ora.
Lo vada a dire ai tifosi bianconeri che forse non accetteranno di buon grado il suo passaggio ad Ambrì…
Nella vita bisogna accettare anche queste cose. La rivalità è sempre esistita, ma, e lo ripeto, quando c’è di mezzo la formazione del giovane bisogna pensare alla sua crescita ed evitare tutto il resto. Ora sono ad Ambrì e cercherò di impegnarmi al massimo per la crescita dei ragazzi assieme agli altri validi allenatori. È vero, posso capire magari il disappunto di qualche tifoso, ma sto percorrendo una strada completamente diversa da quella del giocatore. Queste cose capitano in tutte le realtà sportive e non solo nell’hockey.
In Federazione una delle prime cose che ho imparato è quella di evitare è di non fare il tifoso ma di lasciare il posto alla professionalità. Così farò ora.
Lo vada a dire ai tifosi bianconeri che forse non accetteranno di buon grado il suo passaggio ad Ambrì…
Nella vita bisogna accettare anche queste cose. La rivalità è sempre esistita, ma, e lo ripeto, quando c’è di mezzo la formazione del giovane bisogna pensare alla sua crescita ed evitare tutto il resto. Ora sono ad Ambrì e cercherò di impegnarmi al massimo per la crescita dei ragazzi assieme agli altri validi allenatori. È vero, posso capire magari il disappunto di qualche tifoso, ma sto percorrendo una strada completamente diversa da quella del giocatore. Queste cose capitano in tutte le realtà sportive e non solo nell’hockey.
È stato Manuele Celio a contattarla, visto che è stato suo compagno di squadra a Kloten?
Con lui ho già lavorato un paio di anni in Federazione, così come con Daniele Celio: sono due persone che conosco bene per professionalità e conoscenze della materia. È nato tutto spontaneamente.
Che cosa l’ha convinta del progetto dell’Ambrì Piotta?
La competenza appunto di allenatori e dirigenti, e la capacità di Paolo Duca, che conosco bene. Tutto è andato velocemente, un paio di settimane in tutto. Dopo il primo contatto ho avuto la convinzione (e la gioia) di entrambe a far parte di un buon progetto.
Ad Ambrì entrerà in particolare anche nello staff tecnico della U13 élite.
Darò una mano laddove sarà necessario, importante sarà trovare unità di intenti per far maturare il meglio possibile il progetto giovanile.
Ad Ambrì troverà un ambiente davvero speciale. Si sente pronto ad entrare nel mondo leventinese?
Sono pronto e stimolato per questa avventura, importante è entrare in contatto con la vera passione per l’hockey. La realtà leventinese la conosco bene, so come lavorano dirigenti ed allenatori in generale in tutto il Ticino.
Cosa ne pensa del movimento giovanile svizzero in generale?
La Svizzera ha tracciato la sua strada ed il suo movimento giovanile fa ben sperare; scopriremo altri talenti che sono pronti a sbarcare in realtà più prestigiose come quella nordamericana. Si lavora in modo più metodico, negli ultimi anni abbiamo fatto dei passi da gigante, basta guardare il rendimento delle nostre selezioni giovanili. Ora sappiamo di essere degli osservati speciali anche dalla NHL, quindi dobbiamo continuare su questa strada.
Ci dica: è stato più emozionante vincere il suo primo titolo assoluto con il Davos o il primo titolo bianconero dopo la finale di Davos?
Ho avuto la fortuna di vincere titoli con tre squadre differenti. Tutti sono stati belli, a Davos è stato un successo davvero indimenticabile, come il primo con la maglia dell’HCL nei Grigioni. C’erano oltre tremila tifosi bianconeri. Incredibile. Ma anche a Zugo, quando non ero più giovanissimo, è stato bellissimo.
Il miglior allenatore?
Direi John Slettvoll per le sue grandi capacità tecniche e comunicative.
E il miglior straniero?
Kent Johansson come compagno, Rexi Ruotsalainen (Berna) come avversario.
G.M.