Le richieste di ulteriori autorizzazioni per assumere frontalieri vanno imboscate in un cassetto. La burocrazia italica qualcosa ci può insegnare.
Come volevasi dimostrare, i soldatini della partitocrazia non hanno imparato assolutamente un tubo dalla pandemia generata dallo stramaledetto virus cinese (pandemia che è un “regalo” della globalizzazione e delle frontiere spalancate volute dal triciclo).
Ed infatti, proprio in concomitanza con la festa del lavoro (primo maggio) i camerieri dell’UE in Consiglio federale ed i loro burocrati hanno avuto la bella idea di decidere la riapertura anticipata di tre valichi ticinesi (Ponte Cremenaga, Brusino e Ligornetto). Questo perché, per la casta, l’invasione da sud DEVE continuare, “come se niente fudesse”!
STOP invasione
L’abbiamo detto e ripetuto. E’ necessario che le attività economiche ripartano, ovviamente in sicurezza, per evitare il disastro occupazionale e sociale. Ma questo non vuole affatto dire spalancare le frontiere. Riparte prima chi non ha, o ha pochi, frontalieri. Chi, invece di assumere ticinesi, si è farcito di permessi G, si attacca al tram e aspetta. E’ ora che quei datori di lavoro che hanno applicato la preferenza indigena - e l’hanno fatto volontariamente, dal momento che la partitocrazia eurolecchina l’ha rottamata malgrado sia iscritta nella Costituzione - vengano finalmente premiati.
Quanto ai padroncini italici, è evidente che non ne deve più entrare nemmeno uno. Abbiamo una pletora di artigiani ed indipendenti ticinesi che si trovano immersi a bagnomaria nella palta. Questo anche perché il governicchio cantonale, in stato confusionale, ha mandato in “lockdown” anche attività che non aveva alcun senso chiudere, dato che non presentano rischi di contagio.
Silenzio tombale
A tal proposito, fa specie il silenzio assordante del citato governicchio nel merito della riapertura delle frontiere, in considerazione sia del rischio sanitario (il Ticino è stato impestato dalla Lombardia “grazie” alla libera circolazione; il virus