Sport, 16 dicembre 2019

Alfio Molina si racconta: "Non dimenticherò mai la prima vittoria ad Ambrì"

Due chiacchiere con il grande Alfio Molina, mitico portiere bianconero

LUGANO - Alfio Molina è stato una bandiera dell’HC Lugano e pure dello sport ticinese in generale. Figlio d’arte (suo papà Ivo è stato l’estremo difensore dell’HCL, dal 1941 – anno di fondazione - fino al 1958) ha sempre vestito la casacca bianconera (23 anni); una storia lunghissima caratterizzata da episodi significativi, come la promozione in LNB ottenuta nel 1964 a Rapperswil quando aveva solo 15 anni, l’ascesa in LNA nella stagione ‘81/’82, senza scordare i due titoli vinti (anche se non era titolare) nelle stagioni ‘85/86 e ‘86/87.

E come non dimenticare la sua partecipazione a quattro Mondiali e due Olimpiadi? Nel 1972 a Praga venne addirittura eletto secondo miglior portiere della rassegna iridata. Ancora oggi Alfio è considerato uno dei migliori portieri svizzeri di tutti i tempi. Eppure ha sempre mantenuto un profilo basso: personaggio schivo, a volte timido, ma che ha mostrato qualità incredibili. Il Mattino lo ha “visto” a colazione. 

Pregio? 
La tranquillità e la modestia.

Difetto? 
Ogni tanto mi arrabbio facilmente.

Che qualità deve avere una donna per emergere?
Una certa intelligenza ed anche un buon aspetto fisico.

L’uomo deve essere…
Disponibile all’ascolto, al contatto, con la persona.

Il miglior attore? 
Tom Hanks.

Migliore attrice? 
Julia Roberts.

Chi inviterebbe a cena? 
Mia moglie Isabella.

La sua radio preferita?
Di solito ascolto il primo canale della RSI, poi a volte il terzo, quando ho bisogno di sentire della musica.

La TV preferita?
Sono piuttosto un tradizionalista, quindi guardo la RSI ossia LA1 e LA2.

Cosa le dà più fastidio nella vita? 
La gente disinvolta, prepotente ed arrogante.

Di cosa ha paura? 
Il futuro del mondo, lo vedo piuttosto nebuloso.

Canzone preferita? 
Tutti i brani proposti da Lucio Dalla.

Il libro preferito? 
Simbolo perduto di Dan Brown.

/> Debutto sul ghiaccio?
Quando avevo tre anni, a portarmi sul laghetto di Muzzano fu mio padre Ivo.

Papà Ivo cosa ha rappresentato per lei?
Un esempio, mi ha sempre motivato a praticare lo sport, lasciandomi comunque totale libertà di scegliere… 

Lei da giovanissimo era un attaccante, poi è diventato portiere… 
È stato casuale. In un torneo a Ginevra, nella Selezione Ticino mancava un portiere e quindi l’allenatore Guido Keller mi ha chiesto di andare in porta… 

Tra Merzlikins e Genoni chi è il migliore?
Difficile dirlo, sono tutti e due bravi in egual misura.

Un giudizio su Zurkirchen?
È un bravo portiere, in crescita dopo un inizio di stagione laborioso ha delle qualità.

Qual è il ricordo in assoluto più bello che conserva nel cuore?
Ai Mondiali di Praga quando abbiamo battuto la Finlandia per 4-3, oltre alle due promozioni con il Lugano in LNB e in LNA.

Qual è il miglior allenatore che abbia mai avuto?
Credo “Bernie” Coté, uno che mi ha fatto lavorare moltissimo.

Il miglior compagno di squadra?
Ce ne sono diversi, ma ho molto legato con Peter Aeschlimann, ci conoscevamo dai tempi della Nazionale, poi in bianconero l’amicizia si è consolidata. Purtroppo non c’è più, io lo ricordo con affetto. 

Il miglior straniero bianconero?
Mats Waltin per personalità, carisma e correttezza professionale. Poi Johansson per la sua classe.

Il derby che ricorda maggiormente?
Il primo vinto alla Valascia, quando era appena stata coperta dal tetto. Ottobre 1979.

Il Lugano ce la farà ad entrare nei playoff?
Se saprà ritrovare se stesso sì, molto dipenderà dai risultati di dicembre.

Lei ha ancora un sogno nel cassetto? 
Quello di mantenere una buona salute.

Il miglior portiere svizzero di tutti i tempi?
Sicuramente Rigolet, che giocava con lo Chaux-de-Fonds. 

G.M.

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