Ticino, 04 novembre 2019

L'imam di Viganello si difende, "vittima di una vendetta"

Per l'intelligence svizzera (SIC) l'imam di Lugano Samir Jelassi sarebbe una minaccia "duratura per la sicurezza del Paese" quale "guida spirituale" della moschea di Viganello, in passato più volte toccata da indagini giudiziarie. Ma di questo la SIC non avrebbe abbastanza elementi per una denuncia penale, ma sufficienti per dare un preavviso negativo alla richiesta di naturalizzazione di Jelassi.

Una situazione singolare che ha portato l'imam ha sporgere denuncia contro ignoti, dicendosi vittima di una vendetta di funzionari del SIC.

Con il suo legale, Paolo Bernasconi, Jelassi ha organizzato una conferenza stampa all'hotel Pestalozzi di Lugano per chiarire la sua posizione che, come aveva riferito nei giorni scorsi il quotidiano italiano Libero, lo vede accusato di avere "legami con il terrorismo".

Accuse che, come detto, gli sono valse il preavviso negativo da parte del SIC alla sua richiesta di naturalizzazione, presentata nel 2014. Richiesta che, spiega Bernasconi, sarebbe "tuttora pendente" ma è stata sopesa a seguito del parere negativo del SIC.

Il religioso ha quindi sporto denuncia ai funzionari della Segreteria di stato della migrazione per diffamazione e ingiuria, ma il Ministero pubblico della Confederazione ha archiviato la denuncia con un non luogo a procedere e la vicenda è ancora pendente davanti al Tribunale federale.

"Si tratta di insinuazioni senza fondamento. Vengo accusato senza prove su qualcosa che ho combattuto tutta la vita" ha dichiarato Jelassi, sostenendo di avere "collaborato per anni con le istituzioni elvetiche proprio contro il fondamentalismo, e a favore del dialogo religioso".

"Sono una persona civile, condanno
assolutamente il terrorismo. Non sono responsabile per chi frequenta o ha frequentato la mia moschea" ha sottolineato Jelassi, rivelando inoltre di avere "collaborato a suo tempo come informatore delle autorità" rispetto ad alcuni casi di radicalizzazione arrivando, in un caso, a sporgere denuncia al Ministero pubblico contro un giovane radicalizzato.

Tra il 2015 e il 2016 Jelassi sostiene di aver ricevuto due volte degli agenti del SIC, che gli avrebbero chiesto chiarimenti sul finanziamento e alcuni casi di possibili sospetti casi di estremismo (in tutto una decina di persone). Lui li ha definiti "degli interrogatori irregolari e non annunciati".

L'imam si sarebbe rifiutato di collaborare. "Non ero autorizzato e non volevo farmi accusatore di persone su cui non sapevo niente".

Quanto alla questione del finanziamento di 1,5 milioni dal Qatar, questione emersa in seguito alla pubblicazione dei “Qatar Papers” Selassi sostiene di "non averne mai saputo nulla" e che per quel che ne sa "quei soldi non sono mai arrivati". La moschea "è sempre stata finanziata con piccole donazioni dai suoi frequentatori".

Alla luce di questo, Jelassi si definisce diffamato e perseguitato e sostiene di essere vittima di "una vendetta" nei suoi confronti da parte di ignoti funzionari del SIC, senza precisare quali sarebbero i motivi di questa vendetta. Gli stessi che ha denunciato per diffamazione. Si dice "addolorato" di come le autorità "accusino le persone di fede islamica di terrorismo con grande leggerezza e senza rispetto dello stato di diritto".  

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