Svizzera, 14 aprile 2019

Canone radioTV: il disastro Serafe ed i furti legalizzati

Passare da una società d’incasso all’altra è come passare dalla padella alla brace

La Serafe, ovvero la società zurighese d’incasso che ha preso il posto della Billag, ne combina peggio di Bertoldo, con la complicità dei burocrati dell’Ufficio federale della comunicazione (Dipartimento ex Doris, ora Simonetta).

Si ricorderà che l'impopolare Billag era stata liquidata da Berna, ma tu guarda i casi della vita, pochi mesi prima della votazione sulla “criminale” - ed omonima — iniziativa No Billag.
Evidentemente, la Serafe ha presentato un'offerta più vantaggiosa della concorrente. Ma altrettanto evidentemente, vista la pletora di casotti combinati con indirizzi sbagliati, fatture a casaccio, e via andando, non era - e non è - in grado di fornire le prestazioni richieste.

Senza base costituzionale

Dal primo gennaio 2019 è infatti entrato in vigore il nuovo sistema di riscossione del canone più caro d’Europa. Tutti sono costretti a pagare. Compreso chi non ha né Tv, né radio, né autoradio, né radiosveglia, né smartphone, né tablet, né collegamenti internet, né un qualsiasi apparecchio atto alla ricezione di programmi radiotelevisivi. La modifica di legge, approvata dal popolo a strettissima maggioranza nel giugno del 2015, ha di fatto trasformato il canone in un’imposta. Senza però la necessaria base costituzionale. Il che potrebbe anche causare qualche problemino alPemittente di regime, nel caso qualcuno volesse sottoporre la questione al Tribunale federale.

Opting out

Tutti dunque devono pagare il canone più caro d’Europa. L’unica possibilità
per schivarselo, ma solo per 5 anni, è ricorrere al cosiddetto “opting out” (uella): ossia autocertificare, tramite apposito formulario da richiedere alla Serafe, di non possedere alcun apparecchio in grado di ricevere programmi radiotelevisivi. Quindi nemmeno un collegamento internet. Una chicca: sulle istruzioni si legge che il formulario per l’opting out si può anche scaricare da internet. Ma chi lo fa si frega da solo: infatti dimostra di possedere un allacciamento alla rete...

Persone giuridiche

Come noto, anche le aziende da quest’anno pagano il canone. E lo pagano non in base all’utile, bensì alla cifra d’affari. Si parte da 365 Fr per chi ha una cifra d’affari annua tra mezzo milione e 999'999 Fr, che diventano 910 per le aziende tra l’I ed i 5 milioni, 2280 per quelle tra i 20 ed i 100 milioni e su fino ad un massimo di 35'590 Fr.

Che le imprese siano chiamate alla cassa è particolarmente assurdo. I dipendenti ed i titolari già pagano il canone. Ed in ditta ci si va per lavorare.
Non per guardare la televisione. Che nella grande maggioranza dei casi nemmeno c’è.

Risveglio tardivo

Adesso che arrivano le salate fatture, i rappresentanti degli imprenditori si mordono le dita. Si pentono di non aver appoggiato il referendum contro la nuova Legge sulla radioTV. Già, ma perché non l’hanno fatto? Elementare, Watson: questi rappresentanti di categoria sono anche politicanti dell’establishment. Quindi, figurarsi se osavano schierarsi contro l’emittente di regime! E se poi questa, per ripicca, avesse messo di intervistarli e di slinguazzarli?

Nel frattempo, è stata depositata un’iniziativa parlamentare che chiede di abolire il canone a carico delle imprese. Il Mago Otelma prevede che la partitocrazia, a maggioranza, la affosserà. Per la goduria della TV di Stato, le cui casse continuano a gonfiarsi come rane.

Valanga di reclami

Torniamo alla Serafe. Da quando, ad inizio anno, ha preso in mano la riscossione del canone più caro d’Europa, ne sono successe di ogni. Le fatture spedite sono state 3.6 milioni. Tra telefonate, lettere ed email di protesta, arrivate sia alla Serafe stessa che all’Ufficio federale della comunicazione, i reclami hanno raggiunto quota mezzo milione. Si parla di oltre 200mila telefonate (!), di quasi lOOmila email, di oltre 155mila lettere. E chissà quante, tra questa valanga di lamentele, hanno ottenuto risposta, visto che a marzo Serafe risultava avere appena 12,5 (!) dipendenti?

Qui c’è come il sospetto che, passando da Billag a Serafe, si sia passati dalla padella alla brace. E i disservizi li sconta - come sempre - il solito sfigato contribuente. Il quale, oltre a dover pagare, magari per un servizio di cui nemmeno usufruisce (o di cui usufruisce in minima parte), si rode pure il fegato!

Il tesoretto

E non dimentichiamo che c’è sempre in ballo il famoso “tesoretto”. Ossia i 600 milioni extra che la Serafe incasserà nel 2019, in accordo con l’Ufcom, tramite la fatturazione “parziale”. Un trucchetto che porterà parecchie economie domestiche a pagare un canone maggiorato per l’anno in corso. Di questo furto legalizzato ai danni dei cittadini beneficerà la solita SSR.

Nella sessione primaverile delle Camere federali, da poco conclusa, chi scrive ha presentato una mozione al Consiglio federale chiedendo la restituzione integrale del maltolto alle economie domestiche. Anche qui, attendiamo la partitocrazia al varco.

Lorenzo Quadri / MDD

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