Sport, 29 gennaio 2019

REPORTAGE – Ambrì-Valascia: una simbiosi nel bene e nel male

Qual è il clima che si vive sotto le volte della pista leventinese quando i biancoblù giocano? Lo abbiamo vissuto sulla nostra pelle

AMBRÌ – Nello sport, qualsiasi esso sia, spesso non contano solo i valori che scendono in campo (che restano fondamentali, sia chiaro) ma anche l’ambiente in cui le sfide vengono disputate. Il calore del pubblico spesso diventa fondamentale, i tifosi diventano l’uomo in più che può spingere i protagonisti della partita a rendere ancora di più, o di meno, a seconda dei casi.

Il mondo sportivo è ricco di storie incredibili, di vittorie epiche frutto della coesione del gruppo – negli sport di squadra – e della simbiosi che si instaura tra i giocatori e i propri tifosi. Un esempio sono le vittorie della Premier League del Leicester nel 2016 o, anche, la vittoria del primo scudetto della Juventus ottenuta con l’apertura dello stadio di proprietà.

Per provare a capire come la cosa avviene nell’hockey alle nostre latitudini, abbiamo provato a vivere la partita Ambrì-Zurigo di sabato in mezzo ai tifosi, ascoltando e provando le emozioni che si vivono sia in Curva Sud che sul rettilineo della Valascia, lasciando per una volta la tribuna stampa. Credeteci: ne vale la pena!

Non solo perché sembra di trovarsi in famiglia, con la presenza di gruppetti numerosi o anche più piccoli di amici che ormai si conoscono da anni che vivono con passione le gesta dei loro beniamini, ma perché specialmente in quei settori si può capire la vera alchimia che si è instaurata tra squadra e pubblico.

Questo è senza dubbio il miglior campionato dell’Ambrì degli ultimi anni, i biancoblù sono in lotta per un posto nei playoff, la classifica al momento sorride, ma la sfida di sabato era davvero importante. Molto sentita. Forse anche troppo, perché se i leventinesi sul ghiaccio hanno davvero faticato a far male ai Lions, anche i tifosi hanno incontrato difficoltà a incitarli, a far sentire la loro voce, a trascinare quel gruppo di ragazzi che sta facendo sognare mezzo Cantone, anche a causa di alcuni problemi tecnici ai megafoni.

La Valascia è famosa per il suo calore, per il suo tifo assordante, favorito anche da una curva molto spaziosa, numerosa e molto ben affollata che spesso fa letteralmente tremare le volte
dell’impianto. Questa volta, a specchio dei tentennamenti di Bianchi e compagni e della voracità mostrata sul ghiaccio da Pettersson e i suoi, questo ardore è venuto un po’ meno sugli spalti, confermando la perfetta simbiosi tra squadra e supporters.

E così, a parte qualche sussulto al momento della rete di Kubalik e qualche imprecazione quando Geering e Pettersson hanno regalato il successo alla truppa di Del Curto, sugli spalti dell’impianto si è più che altro parlato di altro, prendendo atto della sconfitta e dell’intrigata situazione della classifica. C’era chi già pensava al derby del 15 febbraio col Lugano, chi teneva sott’occhio il risultato dei bianconeri impegnati a Zugo, e chi, metabolizzato il KO, provava a organizzare la seconda parte di serata.

Il tutto, però, col pensiero rivolto all’Ambrì e senza dimenticare di omaggiare i propri beniamini, anche dopo aver provato a portarli alla vittoria nell’ultimo periodo, a dire il vero non con molta convinzione perché “è incredibile come con Del Curto riescano ad aggredirci alti e a ripartire in contropiede. Sembrano il Davos degli anni passati. Chi diceva che questi erano bolliti?”. Erano questi i pensieri e i discorsi che si potevano sentire anche durante il match.

Ma ormai la sconfitta è acqua passata, l’Ambrì deve guardare avanti – “conosco bene la squadra, so che dovremo soffrire fino alla fine, ma non dobbiamo buttare via tutto quello che abbiamo costruito” – senza dimenticare quella simbiosi permanente, specie durante questo campionato vissuto su ottimi livelli, che si è momentaneamente interrotta – in vista di venerdì –  con un ipotetico “Arrivederci”, trasformato in un “Siamo sempre con voi, non vi lasceremo mai”.

Insomma, un’esperienza interessante e intensa, anche per chi di solito l’hockey lo narra a parole, che ha reso ancora più palese quel senso di appartenenza e di liaison che vige alla pista. Un legame che fa capire come per qualcuno lo sport non sia solo uno svago, ma anche un qualcosa che fa parte del proprio DNA, del proprio essere…

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