Opinioni, 05 luglio 2018

Ma ha poi così torto il Gigi da Viganell?

Prendo lo spunto dall’editoriale firmato dal direttore Fabio Pontiggia dal titolo “le aquile e il Gigi da Viganell” per esprimere alcune considerazioni in completo disaccordo con le affermazioni e le conclusioni dello stesso.

Osservo innanzitutto che già il fatto che “ non sia un commento sportivo “ significa comunque ammettere che qualcosa non funzioni visto che in teoria solo di sport bisognerebbe parlare quando gioca la nazionale svizzera di calcio . E allora è inutile negare che vi sia uno scollamento tra molti tifosi svizzeri e questa nazionale multietnica e che si fatichi ad identificarsi con la squadra . Ma ciò non per le ragioni indicate da Pontiggia, con il solito esercizio di dietrologia politicamente corretta.

Il Gigi da Viganell, e non solo il consigliere nazionale Quadri, non ha detto che in nazionale debbano solo giocare i cosiddetti “patrizi” e non ha in alcuna maniera affermato che solo con giocatori svizzeri si può vincere il mondiale . Ha solo fatto notare che  le nazionali del passato  , quelle per intenderci dove giocavano più giocatori svizzeri “DOC”, si pensi ai vari Bregy, Frei, Heinz Hermann solo per citarne alcuni, hanno comunque partecipato agli europei ed ai mondiali con prestazioni all’altezza e giocando pure un buon calcio .
Questa squadra invece costruita principalmente su “ calciatori in arrivo da altre culture” e da tutti gli addetti ai lavori definita come la “ più forte nazionale di sempre “, agli ottavi contro una squadra modesta come la Svezia hanno offerto una prestazione incolore e che definire scarsa è un eufemismo.

E non è nemmeno vero che il Gigi da Viganell  e con esso una buona parte dei tifosi rossocrociati, se avessimo vinto contro la Svezia, avrebbero poi perdonato gli indegni gesti dell’aquila nella partita contro la Serbia da Xhaxa, Shaqiri e Lichtsteiner. Ciò significa banalizzare dei gesti che non hanno alcuna giustificazione
e nulla a vedere con lo sport e che hanno danneggiato l’immagine della Svizzera coinvolgendola sua malgrado in un conflitto come la guerra dei Balcani, le cui ferite sono tuttora aperte,come la cronaca recente ha dimostrato, e minandone uno delle sue peculiarità: il principio della neutralità e della convivenza civile e pacifica dei suoi abitanti qualsiasi sia l’origine, la religione o il credo . Questa si chiama integrazione egregio Direttore, e nulla ha che a vedere con alcun “caprio espiatorio etnico-culturale del doloroso fallimento in Russia “ tantomeno con “ il tifo che può estrarre il peggio dell’animo umano”.

Fare il gesto dell’aquila contro la tifoseria serba quando giochi con la nazionale, come del resto ammesso dallo stesso Pontiggia, non è ammissibile così come portare la bandiera kossovara sulle scarpe .
Anche giocatori come Ciriaco Sforza o Kuby erano originari di “altre culture “ ma quando erano in campo non avevano bisogno di altre bandiere sulle scarpe o di gesti inopportuni e non rispettosi dell’avversario o di un altro popolo per giocare con la nazionale svizzera.

Quanto all’inno faccio notare nelle  altre squadre presenti ai mondiali con oriundi o giocatori provenienti da “altre culture”, si pensi al Belgio o alla Francia, tutti i giocatori e dico tutti lo cantano : perché la Svizzera deve essere un “Sonderfall” ?
Che forse l’inno non lo si “ voglia più far cantare “ da quei giocatori con la maglia rossa ed una croce sempre più minuscola per non offendere “altre culture “?

Concludo dicendo che il Team Switzerland nel disco su ghiaccio è una Nazionale mentre quella vista ai mondiali in Russia solo una squadra . La differenza sta tutta qui senza tirare in ballo il Gigi da Viganell o gli “intrusi di altre culture “!

Stefano Molinari, Castagnola

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