Sport, 04 aprile 2024

“ACB, i tempi cambiano. Facciamocene una ragione”

L’ex Renzo Bionda fra passato (glorioso) e presente (assai difficile)

BELLINZONA - “Ho cominciato a giocare nel Bellinzona a 12 anni. Fu grazie a mio zio, che mi portò al Comunale da Preonzo, il comune dove sono nato e cresciuto. Il calcio lo praticavo da solo, e lui volle darmi una opportunità. Oggi se penso a quegli anni e a tutto ciò che sarebbe poi successo, mi sorprendo ancora”: Renzo Bionda, 80 anni nel mese di luglio prossimo, è stato uno dei giocatori ticinesi più rappresentativi degli Anni Sessanta e Settanta: Bellinzona, appunto, Zurigo, Chiasso e una presenza ufficiale in Nazionale (contro Cipro). Le soddisfazioni più belle le ha raccolte nella città della Limmat con due titoli svizzeri (1974 e 1975) e due Coppe (1972 e 1973), al fianco di grandi campioni quali Köbi Kuhn, Koniezka, Martinelli Jeandupeux e Grob. Il cuore, calcisticamente parlando, è sempre stato granata e ancora oggi capita di vederlo in tribuna per assistere alle partite della squadra di Benavente che, detto per inciso, non se la sta passando troppo bene, malgrado i proclami di inizio gennaio della proprietà. “Possiamo ancora salire in Super League” disse incautamente l’amministratore unico Pablito Bentancur. La realtà ci dice che il Bellinzona deve guardarsi alle spalle (al Baden). Ma il dato di fatto che preoccupa maggiormente è che il club granata sta perdendo pubblico. 


Renzo Bionda: cosa succede?
È un problema che tocca un po' tutte le società cantonali: non ci sono più giocatori ticinesi in squadra e la gente non si identifica. Bellinzona non fa eccezione. Questa è anche la conseguenza della legge Bosman. Ma direi soprattutto la mancanza di una visione da parte di chi dirige le sorti del club. Dobbiamo comunque ringraziare Bentancur: senza di lui i granata probabilmente non sarebbero in Challenge League. Dico probabilmente perchè manca la controprova. Sicuramente il manager sudamericano ha dato tanto al Bellinzona.


Identità, appartenenza e amore per la maglia. Bei discorsi, però ci vogliono anche i soldi.
Verissimo. L’ideale sarebbe un bel mix delle due cose. Purtroppo però a Bellinzona non funziona così: quando la squadra giocava in Seconda o Prima Lega allo stadio ci andavano in 2000. Oggi arriviamo a malapena a 500. Segno che c’è qualcosa che non funziona e non è soltanto una questione di risultati. Manca empatia, manca entusiasmo: oggi anche lo zoccolo duro dei tifosi si è stancato. Alcuni di loro, che conosco personalmente, mi dicono che al Comunale non ci vanno più.


Quindi…
Non ho una soluzione in mano. Oggi il calcio è profondamente cambiato, i tempi sono cambiati e dobbiamo farcene una ragione. Se vogliamo stare a galla dovremo affidarci a persone che vengono da fuori e che vogliono fare business. Certo, non mi dispiacerebbe che qualche imprenditore locale prendesse in mano le redini della società. Ma chi, onestamente, ha voglia di farlo? Se non ci sono dei ritorni economici, nessuno si muove. I tempi degli Otto Scerri sono finiti.


Un altro segno (secondo noi negativo) che i tempi sono cambiati è la pausa forzata del torneo giovanile di Bellinzona.
Era il fiore all occhiello della città. Quattro giorni di calcio di livello e feste per le vie della Capitale. Attualmente quel ruolo tocca al Galà dei Castelli, una manifestazione di impatto internazionale. Purtroppo il torneo giovanile non interessa più a nessuno, se non a quei quattro o cinque bravi dirigenti che negli anni si sono impegnati a tenerlo in vita. Poi, però, alla fine contano sempre i soldi. E siamo al solito discorso… 


Renzo: meglio parlare del passato.
Ricordi indelebili, che uno si porta appresso per tutta la vita e ovunque vada. Questa società ha regalato al calcio ticinese, insieme al FC Lugano, momenti gloriosi, con affluenze di pubblico straripanti e che oggi non sarebbero più possibili. Posso ricordare i 18 mila di un derby contro i bianconeri del 1969, con le reti di Nembrini e Guidotti. Oppure in epoche più recenti i 17 mila contro il Losanna durante la breve, intensa e indimenticabile parentesi brasiliana. Sono profondamente legato al Bellinzona e per questo spero che un giorno possano tornare tempi migliori. Non come quelli appena citati, sarebbe impossibile, ma che almeno il club possa vivere senza patemi d’animo.

M.A.

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