Comunque: nella sua storia, la Ronde è stata teatro di grandi e memorabili imprese, l’ultima delle quali è stata firmata nel 2017 da un grande campione del ciclismo moderno: il belga Philippe Gilbert, che in carriera ha vinto sui muri delle Fiandre, sul ciotolato della Roubaix e sui veloci strappi delle Ardenne. Ma anche nel durissimo Giro di Lombardia e nella classica di San Sebastian. Le Roi Philippe è stato protagonista anche nei Grandi Giri e in un’occasione, a Cham nel 2017, ha preceduto tutti in una tappa del Tour de Suisse. Il suo prestigio è naturalmente salito alle stelle con il trionfo ai Mondiali del 2012 (a Valkenburg), quando sorprese tutti con un attacco mozzafiato sul Cauberg nell’ultimo giro. È storia di 12 anni fa. Ma se gli chiedete quale sia stato il ricordo più bello della sua bellissima carriera vi risponderà che “ il momento più emozionante è stato quando ho attraversato la linea d’arrivo al Giro delle Fiandre del 2017. Ero campione nazionale e stavo per vincere la Ronde. Io, cittadino vallone ma belga nel cuore, sono sempre stato contro le divisioni e gli steccati. Mi commossi quando capii che anche i fiamminghi stavano condividendo la mia gioia e applaudivano la mia impresa”.
Quel giorno di primavera di 7 anni fa, Gilbert, probabilmente senza volerlo, diede un colpo durissimo ai separatisti delle due regioni del Belgio, le Fiandre e la Vallonia (la sua terra natia), divise da questioni linguistiche ed economiche. Sulla stessa linea del grande Eddy Merckx e di Roger De Vlaemick, che si sono sempre
battuti contro coloro che volevano separare le due più grandi realtà regionali del Belgio.
Si dice così: fuga d’altra tempi. Per spiegare le imprese, per sottoli-neare l’azzardo, il coraggio e la resistenza. Come facevano i pionieri del ciclismo quando, incuranti del pericolo e della distanza, partivano in tromba per vincere, o quanto meno per provarci. Il risultato contava sino ad un certo punto. Contava l’ardire, la sfrontatezza: “Andiamo, poi si vedrà”.
Si dice così: fuga d’altra tempi. Per spiegare le imprese, per sottoli-neare l’azzardo, il coraggio e la resistenza. Come facevano i pionieri del ciclismo quando, incuranti del pericolo e della distanza, partivano in tromba per vincere, o quanto meno per provarci. Il risultato contava sino ad un certo punto. Contava l’ardire, la sfrontatezza: “Andiamo, poi si vedrà”.
E cosi fece Philippe Gilbert il 2 aprile del 2017. In quella occasione i grandi favoriti era altri: Boonen, alla sua ultima corsa, Van Avermaet, in gran forma, Peter Sagan, all’apice della sua carriera, Niki Terpstra, e Alexander Kristoff, che sulle strade fiamminghe aveva già vinto. I primi cento chilometri della Ronde non offrirono particolari emozioni, i migliori si studiavano, bastava un errore o una caduta da stress per rovinare tutto. Poi, finalmente, ecco spuntare un outsider, un underdog, come si dice negli States: Philippe Gilbert. Nessuno si curò di lui e sul Vecchio Kwaremont partì all’attacco. Cinquanta, cento, duecento metri: arrivederci a tutti!“In quegli istanti – raccontò l’allora campione del Belgio – non ci pensai troppo. Decisi di partire, le gambe erano buone e i favoriti si guardavano in cagnesco. Io ne approfittai”. Al traguardo mancavano 56 chilometri! Fantasia, follia o che altro? La sparata del re delle Ardenne (nel 2011 aveva vinto tutto!) è ancora oggi indecifrabile. La fortuna lo aiutò pure, perché Van Avermaet, Sagan e Boonen nelle discese dei muri caddero. Intanto però il vallone pedalava e macinava chilometri deciso e carico. Niente poteva fermarlo, forse nemmeno l’imponderabile.
Gilbert, tuttavia, conobbe calo ad una trentina di chilometri da Ooudenaarde. “Sagan e Van Avermaet, ripresisi dalle cadute, prendono in mano la situazione, poco alla volta rosicchiano il vantaggio al fuggitivo che ora, da elegante equino si trasforma in un affaticato vecchio antilope e chiede all’ammiraglia notizie sul vantaggio e sulla situazione alle sue spalle” scrisse allora Alessandro Autieri sul sito giorno.it. Nell’ultimo passaggio sul Vecchio Kwaremont, il vantaggio diminuì ma Gilbert strinse i denti e l’ultimo chilometro sembrò l’epilogo di un grande romanzo: sulla linea del traguardo il ciclista vallone alzò al cielo la sua bicicletta e i tifosi fiamminghi lo applaudirono come se fosse uno dei loro.
Quel giorno, il 2 aprile di 7 anni fa, vinse anche il Belgio.
JACK PRAN