Sport, 27 novembre 2023

“Siamo agli Europei, cosa pretende di più la gente?”

L’ex rossocrociato Regis Rothenbühler e la crisi della nostra Nazionale

LUGANO - La Nazionale rossocrociata si è qualificata per i prossimi campionati europei ma esce fra mille dubbi e perplessità da un campagna che secondo i più avrebbe dovuto essere meno complicata e difficile, visto lo scarso spessore degli avversari. Ricordiamoli: Romania, Bielorussia, Israele, Kosovo e Andorra. I risultati hanno suscitato irritazione e delusione soprattutto per il modo con cui sono maturati, in particolare le ultime quattro partite (pareggi contro Bielorussia, Israele e Kosovo nonché sconfitta, la unica di queste eliminatorie, contro la Romania). Cammin facendo la squadra ha smarrito la propria identità, il gioco e si è persa in un mare di equivoci e pure in qualche polemica che ha coinvolto alcuni leader e il tecnico Murat Yakin, la cui presenza sulla nostra panchina ora è in serio pericolo.


Nonostante il raggiunto traguardo il selezionatore ha perso il controllo del gruppo e come detto il suo rapporto con i senatori si è inceppato, per non dire peggio, ad immagine di capitan Xhaka che in alcune circostanze non gli ha risparmiato attacchi frontali a mezzo stampa. A questo punto la palla passa nelle mani della federazione (e del direttore Pier Tami): inutile nascondere che la posizione di Yakin negli ultimi giorni si è ulteriormente aggravata. Di questo e altro abbiamo parlato con Régis Rothenbühler, ex giocatore del Lugano e della nazionale rossocrociata nonché attuale tecnico della selezione giovanile Under 15 svizzera. 



Regis: la Svizzera si è qualificata ma senza entusiasmare. E in giro per il paese c’è un senso di delusione e smarrimento dopo le ultime controprestazioni. Che ne pensa? 
Dico che ci siamo qualificati per gli Europei e che la Svizzera dal 2006 in poi solamente in una occasione non è riuscita a partecipare ad un grande evento e cioè la rassegna continentale di Ucraina e Polonia del 2012. Questo per dire che la gente non si accontenta mai e non si rende conto che la nostra è una nazione di 9 milioni di abitanti, con tutte le difficoltà del caso. Cosa dovrebbero dire allora nazionali come l’Italia o l’Olanda che nel corso degli ultimi anni sono andate incontro a clamorosi fallimenti? E poi mi lasci dire una cosa: come detto prima, il nostro è un Paese piccolo eppure da sempre lotta per i vertici. Penso allo sci, all’hockey, al curling, all’atletica leggera, al tennis. E anche, appunto, al calcio. 


Ma il girone era facile, suvvia…
Non c’è mai nulla di veramente facile nel calcio di oggi. Non esistono più, salvo qualche eccezione, le squadre facili. Siamo inoltre in pieno cambio generazionale e nonostante ciò siamo riusciti a qualificarci, perdendo una sola partita, oltretutto a giochi fatti. Altre le abbiamo pareggiate, è vero: ma potevamo imporci, perché il gioco lo abbiamo sempre condotto noi. Poi si potrà discutere sulle occasioni da rete non sfruttate.


A Basilea, a fine partita, sembrava che fosse il Kosovo la squadre qualificata agli Europei. 
Mi sono vergognato nel vedere uno stadio che si entusiasmava soltanto quando attaccava il Kosovo! Il nostro pubblico non ha mai sostenuto la Svizzera. Alla fine poi i nostri tifosi non hanno festeggiato mentre quelli rivali hanno applaudito i loro beniamini. Ho notato che soltanto le persone di una certà età hanno applaudito la Svizzera. Il loro attaccamento alla maglia, perché tale è, è stato commovente. Al netto dei problemi della nostra rappresentativa, delle sue difficoltà e delle contraddizioni, i rossocrociati vanno appoggiati sempre e ovunque. 


Murat Yakin è finito inevitabilmente sotto processo. 
È da tempo che è in discussione. Un tecnico quando le cose non vanno bene è esposto al pubblico ludibrio. Il bello è che lui ha centrato l’obiettivo che gli era stato chiesto! Non capisco questo atteggiamento: Yakin è uno che ha sempre portato avanti le sue idee e non ha mai creato problemi. Lo ritengo una persona onesta.


La stampa non gli ha risparmiato critiche.
È il gioco delle parti. Ci mancherebbe. Però da ex giocatore rossocrociato non accetto certi atteggiamenti: la critica deve sempre essere costruttiva. Contro Yakin è in corso un tiro al bersaglio. 


Non solo Yakin sul banco degli imputati ma anche i leader, i Xhaka e i Shaqiri.
Non dobbiamo nasconderci: da loro ci aspettiamo molto È normale. Ma non basta essere un bravo giocatore, non basta essere decisivo quando giochi, devi essere anche un leader negli atteggiamenti anche fuori dal campo. I leader possono anche sbagliare ma il comportamento deve sempre essere professionale, perché hanno anche un ruolo didattico: devono essere da esempio e da modelli per i nuovi e i giovani che aspirano alla nazionale. Xhaka non è mi è piaciuto: le sue esternazioni hanno minato l’ambiente. In quanto a Shaqiri: sono convinto che sin quando non sarà pienamente recuperato sul piano fisico, non potrà fare ciò che tutti si aspettano. Di sicuro non è bollito come qualcuno vuol far credere. 


Non dimentichiamo infine che la Svizzera non ha potuto contare nei momenti cruciali su elementi quali Embolo e Widmer. 
Assenze che hanno influito. Non ci sono dubbi. Ma non deve essere un alibi. Ora credo che sia necessario fare tutti insieme un analisi corretta e profonda, senza se e senza ma. Pensare ed analizzare con un solo obiettivo: il bene della nostra nazionale. In questo mi auguro che tutte le parti coinvolte, dirigenti e allenatore, sappiano fare la loro parte. 


A proposito: Tami ultimamente è parso sin troppo istituzionale nelle sue uscite a mezzo stampa. Ha fatto, insomma, il pompiere. 
Credo che il suo ruolo sia molto difficile e complicato. Pier ha fatto ciò che deve fare ogni dirigente di buon senso che ci tiene alla sua squadra.


M.A.

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