Sport, 05 settembre 2023

“Con Beppe Morotti in bici agli allenamenti del Lugano”

LUGANO - Bruno Quadri lo ha ben definito Roberto Morinini qualche anno fa: “Bruno è il calcio ticinese” . Le parole del compianto tecnico sopracenerino sono azzeccate: il maestro di Cassina d’Agno (italiano e francese le sue materie) ha insegnato la base del football a diverse generazioni di calciatori, mettendo a disposizione le sue competenza. Sempre in modo umile, quasi schivo, in modo esauriente e didattico, come si addice a colui che vuole trasmettere conoscenze al suo prossimo. E in Ticino sono tanti che lo devono ringraziare: se sono riusciti nella loro professione, una parte di merito è senza dubbio dell’ex mancato calciatore malcantonese, che ad inizio Anni Sessanta vestì la maglia del Lugano senza tuttavia dar seguito alla sua carriera. A quei tempi il calcio era un divertimento, e ai giocatori venivano pagati soltanto i premi partita (“Mi ricordo che se vincevamo ci davano 300 franchi”) dice il buon Bruno. Un maestro di calcio e di vita l’ex istruttore ASF, che nei giorni scorsi ci ha raccontato la sua lunga e proficua esperienza. 


Bruno Quadri: nel suo passato c’è anche una buona esperienza da calciatore.
Sono cresciuto nelle fila del Lugano, nel quale ho giocato alcune stagioni. Il debutto contro la Spal, il nostro allenatore era il magiaro György Sárosi. In quella squadra giocava anche Giuseppe Morotti: io lui ci facevamo tre volte la settimana la tratta Agno-Cornaredo in bicicletta, con tanto di... scalata della Crespera. Alla sera il ritorno.


Poi però ha dovuto scegliere fra calcio e professione.
Sono diventato maestro e ho dovuto operare una scelta di vita: il calcio non mi dava da mangiare, quindi ho optato per la professione. Erano altri tempi. Oltre alla maglia bianconera, ho vestito anche quella del Tresa e naturalmente del Bellinzona. Nella squadra granata giocava un certo Nano Bignasca. Uno spettacolo di calciatore! Facevamo assieme le trasferte nella Capitale partendo da Lamone: con lui alla guida di una MG decapottabile!


La svolta arriva nei primi Anni 80.
Nel 1980 sono diventato responsabile del settore allievi del Lugano: mi volle l’avvocato Spiess, allora nel comitato del club. L’anno seguente mi chiese di prendere in mano la prima squadra che militava in LNB ed andava male. Io e Bruno Beyeler riuscimmo a salvarla.


L’esperienza si è poi ripetuta.
Tornai da salvatore della patria in panchina nel 1983. Ancora in coppia con Bruno. A metà stagione circa subentrammo a Willy Sommer. E anche in quella occasione il Lugano seppe risollevarsi. L’anno dopo però il comitato decise di prendere Otto Luttrop.


Ma il settore giovanile è sempre stato il suo pallino.
Il settore alleivi del Lugano è sempre stato un fiore all’occhiello della società. Ogni anno sfornavamo almeno un ragazzo per la prima squadra. Quando arrivò nel 1986, il tecnico Marc Duvillard non conosceva nulla dei nostri giovani. Gli dissi se era disposto a collaborare e ad inserire i migliori in prima squadra. Stringemmo una sorta di patto e alla fine i vari Colombo, Penzavalli, Pelosi, Manfreda e Morf diventarono pedine importanti della squadra. Colombo arriverà anni dopo in Nazionale.


Lei ha inoltre formato tanti tecnici diventatifamosi.
Sono stato per 33 anni istruttore dell’ ASF (federazione svizzera) a Macolin. E in quegli anni ho formato allenatori che avrebbero fatto la storia del nostro calcio e non solo. Ne cito alcuni: Bernard Challandes, Daniel Jeandupeux, Roberto Morinini, Lucien Favre, Alain Geiger, Uli Stielike e Urs Fischer. Sono molto fiero del lavoro svolto e con queste persone sono rimasto in buoni rapporti.


In particolare lei ha legato molto con il compianto e indimenticabile Roberto Morinini.
Roberto è diventato anche mio amico. Credeva molto nel lavoro e nel rispetto fra le persone. Era un tecnico serio, preparato, che puntava sul gruppo e non sui singoli. Era una persona sincera. La sua opera è stata determinante per il calcio ticinese. Resta tuttora un grande punto di riferimento.


E che dire di Uli Stielike?
Il vice-campione del mondo con la Germania ai Mondiali del 1982 è stato un esempio di umiltà e dedizione. Quando frequentava i nostri corsi a Macolin era sempre il primo ad arrivare l’ultimo ad andarsene. Era molto curioso e interessato. Una volta mi disse che non conosceva nulla del calcio giovanile e avrebbe voluto approfondire. Si metteva sempre in discussione ed usava toni garbati.


Poi dopo tanto lavoro e tanta passione, Bruno Quadri è andato in pensione.
A 65 anni ho smesso la mia attività anche se per qualche tempo ho funto da osservatore del Basilea di Christian Gross. Una bella esperienza, che in un certo modo mi ha permesso di conoscere nuovi personaggi del calcio rossocrociato. Ma non solo: ultimamente Livio Bordoli, responsabile tecnico della federazione ticinese, mi manda a vedere delle partite degli allievi regionali per fare un breve rapporto sulla capacitâ di dirigere le squadre da parte degli allenatori e sul livello dei giocatori.


Lei segue ancora il calcio?
Ormai non vado più allo stadio e direi che non mi manca. E sono pure deluso: non ci sono più giovani all’altezza della situazione e quei pochi promettenti non hanno molto spazio nelle nostre squadre più rappresentative. I club hanno altre priorità, peccato. Sono comunque contento del percorso di Mattia Croci Torti, un tecnico coraggioso e preparato. Insieme al mio amico Carlo Ortelli formano una bella coppia. Auguro a loro tanto successo.

M.A.

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