WASHINGTON (USA) – Il covid, che sembrerebbe calato di intensità (anche se c’è da valutare la nuova variante ‘Kraken’) ma non sparito, non colpisce solo le vie respiratorie ma dilaga in tutto l’organismo. Uno studio pubblicato sulla rivista ‘Nature’ da un team guidato dagli Istituti nazionali di Salute americani (Nih) rende noto che il virus in alcuni casi lascia tracce capaci di persistere per più di 200 giorni. A dimostrarlo ci sono le autopsie su 44 pazienti non vaccinati che avevano contratto l’infezione tra aprile 2020 e marzo 2021. Questa ricerca apre nuove prospettive per il trattamento del long covid.
La ricerca, definita la più ampia mai realizzata sulla persistenza del SarsCoV2 nelle cellule del corpo umano, quantifica l’Rna virale in 85 distretti e fluidi dell’organismo. Questa traccia genetica permette di capire dove il virus si è replicato mentre la persona era ancora viva.
I risultati mettono in evidenza come tracce abbondante di Rna virale siano presenti in 79 distretti corporei già nelle prime due settimane dalla comparsa dei sintomi. Non si tratta quindi solo dei polmoni, ma anche di cuore, milza, reni, fegato, colon, muscoli, nervi, apparato riproduttivo, occhi e cervello. I polmoni mostrano i segni più evidenti dell’infiammazione e danneggiamento, mentre il cervello e altri organi non sembrano essere intaccati molto nonostante l’alta carica virale. In un’autopsia i reti del coronavirus sono stati trovati nel cervello di un pazienze deceduto 230 giorni dopo l’insorgere dei sintomi.
“I dati indicano che il covid in alcuni pazienti può causare un’infezione sistemica e persistente nel corpo per mesi”, hanno sottolineato i ricercatori. Non sono però state trovate tracce importanti del virus nel plasma sanguigno e resta da chiarire come riesca a diffondersi in tutto il corpo. “Speriamo di poter replicare lo studio sulla persistenza virale e indagare la relazione col long covid”, ha affermato uno degli autori dello studio.