TEHERAN (Iran) – La sua colpa? Aver gridato slogan per difendere i diritti delle donne e di essersi battuto per la loro libertà. La sua condanna? La morte per mano del regine degli Ayatollah. Lui è Amir Nasr-Azadani, ha 27 anni, è un ex calciatore professionista iraniano e per salvargli la vita è partita una campagna internazionale: la FifPro, il sindacato internazionale dei calciatori, si è detta “scioccata e disgustata” da queste notizie, chiedendo la revoca della condanna.
In Iran, ormai, il clima è teso da diversi mesi, il Paese è sull’orlo di una guerra civile dopo le proteste antigovernative che si sono diffuse dove la morte di Mahsa Amini, ma ragazza di 22 anni uccisa dalla polizia a settembre dopo essere stata fermata per non aver indossato correttamente il velo che copre i capelli stando alle prescrizioni islamiche.
La sua non è stata l’ultima morte, ovviamente, e soltanto qualche giorno fa un giovane è stato pubblicamente impiccato per aver preso parte alle proteste e per aver partecipato, probabilmente, all’uccisione di due poliziotti. Amir Nasr-Azadani non è, invece, l’unici atleta che è stato colpito dalla repressione: due ex calciatori della nazionale iraniana erano stati arrestati anche se poi sono stati rilasciati su cauzione: il terzino Ghafouri e il portiere Boroumand, entrambi per “propagando contro lo Stato e per aver partecipato alle manifestazioni di protesta”. Come dimenticare, inoltre, la stessa nazionale iraniana che prima della partita persa per 6-2 contro l’Inghilterra si era rifiutata di cantare l’inno per poi essere “velatamente” minacciata dal Governo?
Nasr-Azadani ha giocato per il Tractor, squadra della Persian Gulf Pro League, dal 2016 al 2018.