Sport, 28 novembre 2022

“Io che ho battuto il grande Brasile”

Stéphane Chapuisat nel 1989 sconfisse i Verdeoro in amichevole

LUGANO - Stéphane Chapuisat è considerato uno dei migliori attaccanti svizzeri di tutti i tempi. I numeri sono eloquenti: ha vinto una Champions League ed ha segnato 106 reti in 226 partite con il Borussia Dortmund; ha vinto due campionati tedeschi e una Coppa Intercontinentale sempre con il club giallonero e pure un titolo svizzero con il Grasshopper. Ma non solo: con Elber, Aílton, Pizzarro e Lewandowski è uno dei 5 calciatori stranieri ad aver realizzato più di 100 gol nella Bundesliga. E non vanno neppure dimenticate le sue 103 presenze con la maglia rossocrociata nel periodo che va dal 1989 al 2004 (con 21 reti all’attivo).


Chapuisat è stato anche l’uomo simbolo della rinascita della Nazionale ad inizio Anni Novanta quando, dopo un periodo piuttosto tenebroso fatto di delusioni e amarezze, nel 1994 tornò a disputare un Mondiale 28 anni dopo la disastrosa esperienza inglese (1966). Ancora oggi il figlio d’arte (suo padre è Gabet, ex difensore del Losanna) non dimentica quel periodo, durante il quale la maglia rossocrociata accese nuovamente i cuori e le menti dei tifosi. Stéphane, uno dei principali protagonisti della rinascita dello Young Boys, si ricorda benissimo: “Nel 1997 vinsi la Champions League con il Borussia Dortmund ma la gioia per aver riportato la Svizzera ad un Mondiale fu superiore. Il gruppo di Roy Hogdson fu semplicemente fantastico”. 


L’ex bomber rossocrociato ha esordito in Nazionale il 21 giugno del 1989, guarda caso lo stesso giorno in cui la Svizzera riuscì per la prima volta a battere il Brasile, da sempre la selezione più prestigiosa del pianeta. Sino ad allora i nostri ci avevano solo provato, senza troppa convinzione per altro, sfiorando la grande impresa a Sao Paulo nel 1950 durante i Mondiali. Finì 2-2, con la doppietta del nostro Fatton. E proprio della prima storica vittoria sui sudamericani (ma non solo) abbiamo parlato con Chapuisat, personaggio riservato e poco amante dei riflettori. Lo abbiamo raggiunto al telefono subito dopo Camerun- Svizzera.


Ottimo inizio: “Al termine del primo tempo ero piuttosto scettico e preoccupato. Mi faceva paura la loro fisicità e la nostra incapacità di creare occasioni. Poi dopo il gol di Embolo gli svizzeri hanno cambiato registro. Bene. Ma ora restiamo con i piedi per terra ”.


Neymar: “Contro il Brasile sarà una partita di alti contenuti tecnico- tattici. Dovremo evitare di farci schiacciare e se possibile giocare in modo libero esfrontato. In passato ai grandi appuntamenti ci siamo riusciti. Neymar? Potrebbe essere l’ago della bilancia ma non mi soffermerei solo sul giocatore del PSG. Il Brasile ha altre importanti carte da giocare ”.


Esordio: “ La partita di domani contro i brasiliani evoca bellissimi ricordi di un passato per me luminoso. Siamo nel 1989 e il commissario tecnico Uli Stielike decide di convocarmi per la sfida amichevole contro i gialloverdi. Per lui, come per il sottoscritto, è il debutto. Avevo soltanto 20 anni, non vedevo l’ora di giocare. In attacco c’erano anche Türkyilmaz e Zuffi”. 



Contesto: “Non era ancora la Svizzera dei sogni, la squadra che sarebbe finalmente tornata ad un grande evento internazionale. Diciamo che stava nascendo qualcosa di importante. Stielike portava carisma, esperienza ed una mentalità nuova. Arrivò in un momento piuttosto delicato: da poco la federazione si era separata da Daniel Jeandupeux, l’obiettivo era quello di rilanciare la Nazionale. Ma nemmeno Stielike riuscì a combinare molto: soltanto con l’arrivo di Roy Hogdson sarebbe cambiato veramente qualcosa. Posso dire, comunque, che con il tecnico tedesco non facemmo poi così male”.


Polemiche: “Nell’amichevole di Basilea trovammo un Brasile in pieno fermento: sulla panchina sedeva Sebastiao Lazaroni, un tecnico a suo modo rivoluzionario. Introdusse il libero in una difesa a 5 e ciò fece infuriare la stampa sudamericana. Nell’estate del 1989 la Seleçao intraprese una tournee in Europa fra mille polemiche su questioni tattiche e giocatori da convocare. Preparare in un clima del genere la Copa America, che si sarebbe disputata qualche settimana dopo proprio in Brasile, non fu il massimo ”.


Leggenda: “Attorno alla nazionale rossocrociata c'era parecchia diffidenza. I risultati delle stagioni precedenti erano stati piuttosto deludenti. E nemmeno la chiamata di Uli Stielike, ex leggenda mondiale, suscitò grande entusiasmo fra i tifosi. Per questo motivo alla partita contro i brasiliani non ci fu un grande pubblico (circa 15 mila, ndr). Ma si poteva capire: la Svizzera aveva ormai poco credito in campo internazionale e soprattutto sulla piazza elvetica”.


Kubilay: “Giocammo una discreta partita contro un avversario in verità poco carico e alla fine, grazie ad un gol segnato da Türkyilmaz su rigore (molto dubbio) battemmo il grande Brasile. Eravamo i primi rossocrociati a farlo. Fu una gioia incredibile, soprattutto per me che ero al debutto. Non disputai di certo la mia miglior partita e ad inizio ripresa venni pure sostituito da Piffaretti. Ma non mi importò più di quel tanto. Eravamo riusciti a vincere contro la squadra più prestigiosa al mondo”.


Attesa: “La vittoria sul Brasile di Lazaroni ci diede morale e ci trasmise un po' di autostima. Ma eravamo ancora lontani dalla Nazionale che avrebbe regalato grandi emozioni al nostro pubblico. Per quella avremmo dovuto attendere ancora qualche anno”.

M. A.

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